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Dopo vari negoziati si procede verso l’accordo sul tetto del debito degli Stati Uniti

Restiamo ottimisti che l’intesa giunga in tempo a evitare il default del debito degli Stati Uniti, anche se ci aspettiamo ancora momenti di concitazione sul brevissimo periodo.

Siamo decisamente convinti che i negoziati sul tetto del debito, più volte sospesi ed ora ripresi, alla fine produrranno un’intesa prima della “data X” del 1° giugno indicata dal Tesoro (come data alla quale si stima che il governo federale non avrebbe più fondi sufficienti a onorare i pagamenti), anche se forse solo (letteralmente) all’ultimo minuto. Dopo tutto, benché nessuna delle parti sembri non avere alcun incentivo politico a effettuare concessioni prima di non poterne più fare a meno, è altrettanto vero che nessuna delle parti ha alcun incentivo politico al default. Usando un’immagine colorita ma calzante, l’intesa sul tetto del debito si potrebbe assimilare all’espulsione di un calcolo renale: si sa che ci si riuscirà, è solo questione di quanto sarà travagliata. Potremmo dire che siamo nella fase di travaglio.

In effetti, sebbene ciascuna delle parti dell’agone politico abbia saggiato i limiti di un possibile accordo con nuove richieste (la riforma dell’immigrazione per i Repubblicani, gli aumenti delle imposte per i Democratici), i contorni generali non sono mutati granché nelle ultime settimane: la restituzione dei fondi COVID non spesi, i limiti alla spesa “discrezionale” (che rappresenta all’incirca il 25% del bilancio annuale da 6.000 miliardi di Dollari del governo federale), i requisiti di attivazione al lavoro per avere diritto a determinati sostegni (che incontrano ampio favore ma tendono a essere di onerosa gestione e pertanto aiutano poco in termini di deficit) e potenzialmente qualche anticipo di riforma dei permessi nel campo dell’energia (sia tradizionale che pulita), nonché eventuali piccoli aggiustamenti nei rimborsi Medicare agli operatori per i trattamenti ospedalieri. 

I veri ostacoli tuttavia sembrano risiedere in specifici aspetti della spesa pubblica:

  • Anno di riferimento per la spesa per l’esercizio finanziario 2024: se la spesa per il 2024 venisse riportata ai livelli del 2022, come chiedono i Repubblicani, questo probabilmente determinerebbe tagli della spesa discrezionale sul breve termine e riduzioni del disavanzo pubblico sul lungo termine. Se la spesa venisse lasciata ai livelli del 2023, come preferirebbero i Democratici, questo probabilmente lascerebbe invariata, senza tagli, la spesa discrezionale ma tuttavia produrrebbe una riduzione del deficit pubblico nei prossimi 10 anni.
  • Entità e composizione dei limiti alla spesa: le questioni riguardano l’entità del rallentamento della crescita della spesa rispetto alle proiezioni dell’ufficio di bilancio del Congresso (quanto limitarne la crescita) e l’applicazione dei limiti alle voci della spesa discrezionale (di eterogenea composizione: dai parchi nazionali agli ispettori che garantiscono la sicurezza alimentare delle carni) rispetto alla spesa per la difesa. C’è inoltre il tema della durata dei limiti alla spesa: i Democratici propongono due anni, i Repubblicani 10 anni.

In generale, crediamo che si troverà un terreno comune e un’intesa che verosimilmente comporterà pochi tagli alla spesa, o addirittura nessuno, nel breve periodo ma produrrà riduzioni del deficit sul lungo termine rispetto alle attuali proiezioni dell’ufficio di bilancio del Congresso. Naturalmente, per prendere di petto il tema della sostenibilità del bilancio degli Stati Uniti, le autorità dovrebbero affrontare l’elefante nella stanza ossia la spesa obbligatoria, ma è politicamente tabù per ambo i partiti per il prevedibile futuro.

Quando, realisticamente, si dovrà raggiungere un accordo al Congresso? Tutti si adoperano per averlo entro la data X del 1° giugno indicata dal Tesoro. Per rispettare quella scadenza, i negoziatori dovranno verosimilmente raggiungere un’intesa ad alto livello entro la metà di questa settimana per avere poi tempo per elaborare il testo del disegno di legge e per i passaggi alla Camera e al Senato. Una volta che si sarà trovata un’intesa in via di principio, potrebbero esserci altri momenti convulsi nella fase di raccolta di sufficiente consenso tra i membri del Congresso, ma crediamo che si troverà appoggio sufficiente presso ambo i partiti per l’approvazione. Qualora servisse altro tempo per negoziare o per mettere nero su bianco i dettagli dell’intesa al Congresso è possibile che ci possa essere una breve proroga di una o due settimane al massimo.

Non ci aspettiamo che venga invocato il 14° Emendamento.Si è fatto un gran parlare ultimamente di un possibile ricorso al 14° Emendamento da parte del Presidente Biden per ignorare di fatto il limite del debito, appellandosi alla clausola che recita che “non potrà essere posta in questione” la validità del debito pubblico degli Stati Uniti. Tuttavia, il Segretario al Tesoro Janet Yellen continua a insistere che l’unico percorso per affrontare il tema del tetto del debito è quello del Congresso. Dal punto di vista dei mercati, il ricorso al suddetto emendamento sembra improbabile per l’incertezza che potrebbe provocare ma appare improbabile anche dal punto di vista politico per i contraccolpi che produrrebbe.

Reazione dei mercati: se è vero che il passato è il prologo, guardando ad analoghe situazioni passate sul tetto del debito, i mercati azionari potrebbero vacillare questa settimana a seconda dell’andamento dei negoziati, ma presumendo che il previsto accordo si concretizzi e che non ci sia alcun default, i mercati verosimilmente potrebbero ritracciare dopo la risoluzione della questione. (C’è stata un’eccezione nel 2011, quando i mercati hanno continuato la discesa dopo la risoluzione e la data X, in parte per la crisi del debito europeo e in parte in vista dei marcati tagli alla spesa che erano previsti dalla risoluzione). Ciò detto, nel mercato obbligazionario abbiamo già osservato significative dislocazioni che creano sia rischi che opportunità.

In conclusione: sebbene ci sarà della confusione nei prossimi giorni o nel corso della settimana, restiamo ottimisti che si giunga a un’intesa prima della data X del 1° giugno con l’eventuale possibilità di una breve proroga (di settimane, non mesi). Dopodiché, i legislatori (e i mercati) verosimilmente non dovranno occuparsi di tetto del debito sino al 2025 e dunque dopo le tanto attese elezioni del 2024. Nessuno sembra avere l’incentivo politico a un compromesso sino all’ultimo minuto, pertanto potremmo vedere momenti di agitazione e travaglio nel periodo che ci porterà alla scadenza della prossima settimana, tuttavia l’esito finale a noi appare chiaro: l’intesa sul tetto del debito sarà trovata e approvata.

Opinioni aggiornate alla mattina di martedì 23 maggio 2023.

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