BCE: decisioni più ardue d’ora in avanti
La Banca centrale europea (BCE) ha abbassato il tasso sui depositi di 25 punti base, portandolo dal 2,75% al 2,5%, senza voti contrari e con un solo astenuto tra i membri del Consiglio Direttivo.
Le ultime proiezioni dello staff della banca centrale indicano crescita più bassa e previsioni largamente invariate per l’inflazione. La crescita debole e l’inflazione prevista convergere sul target sembrano indicare un tasso di politica monetaria prossimo al livello neutrale, nonostante i livelli dei prezzi ancora elevati sul fronte interno.
Di conseguenza, mirando a una politica monetaria “appropriata”, la BCE abbandona l’orientamento nettamente restrittivo. Si discute del livello di approdo dei tassi. Al World Economic Forum di Davos a gennaio, la Presidente Christine Lagarde aveva parlato di un range dell’1,75–2,25% per il tasso neutrale, sulla base delle analisi dello staff della BCE. Da allora tuttavia sono emerse opinioni differenti e l’elevata incertezza complica l’analisi. Saranno i dati che sopraggiungeranno a determinare se la banca centrale taglierà ancora i tassi o li lascerà invariati alle prossime riunioni, e le future decisioni verosimilmente saranno più controverse.
Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo della BCE, ha sostenuto che il tasso neutrale sia a un livello più alto rispetto alle stime e messo in dubbio che la politica monetaria europea sia restrittiva. Inoltre ritiene sia opportuno discutere presto di una pausa nei tagli dei tassi. Un altro membro del Comitato esecutivo, Piero Cipollone, è invece dell’avviso che non solo l’attuale posizionamento di politica monetaria sia decisamente restrittivo ma ha anche esortato la BCE a compensare in modo idoneo la stretta derivante dalla riduzione del bilancio della banca centrale.
Al momento riteniamo che probabilmente i tassi ufficiali continueranno ad essere abbassati con prudenza e crediamo che la BCE non sia giunta ancora a fine corsa. Il mercato sconta un tasso di approdo intorno al 2%, un valore che appare ragionevole e ampiamente in linea con le nostre stime del tasso neutrale per l’Area Euro. Ravvisiamo rischi di ribasso sul breve periodo per la crescita già debole dell’Eurozona, principalmente per via dell’incertezza sul versante del commercio globale; allo stesso tempo le misure di politica fiscale a sostegno degli investimenti in difesa e infrastrutture dovrebbero favorire l’attività economica nel medio-lungo termine.
Implicazioni per gli investimenti
La nostra posizione di maggiore convinzione è sull’irripidimento della curva dei tassi d’interesse. Continuiamo a prevedere sottoperformance per la porzione della curva con scadenze più lunghe rispetto alla parte a breve e media scadenza, per via dei tagli dei tassi e la ricostituzione dei premi a termine. Con la riduzione del bilancio della BCE e il nuovo stimolo fiscale, gli investitori verosimilmente richiederanno una remunerazione più alta per investire in titoli a più lunga scadenza.
La crescita economica resta debole …
L’economia dell’Area Euro continua a ristagnare, con crescita ben al di sotto del tendenziale. A febbraio, l’indice composito dei responsabili degli acquisti (PMI) è rimasto a 50,2 punti, al di sotto delle attese. Considerando anche il dato PMI di gennaio, si prospetta una crescita intorno allo 0,1% su base trimestrale. La BCE ha abbassato nuovamente le stime di crescita e continuato a indicare rischi per la crescita orientati al ribasso. Le proiezioni di marzo dello staff della banca centrale indicano una crescita media stimata allo 0,9% nel 2025; all’1,2% nel 2026; e all’1,3% nel 2027.
I dati che sopraggiungono continuano a sollevare interrogativi sui fattori che dovrebbero alimentare l’espansione economica stimata visto che nessuna delle componenti della domanda ha dimostrato l’irrobustimento decisivo previsto nelle successive proiezioni dello staff della BCE. Ci si interroga in particolare rispetto alla crescita dell’attività economica derivante dai consumi nelle proiezioni, a fronte di dati che indicano invece aumento del tasso di risparmio e fiducia debole dei consumatori.
Un’espansione considerevole degli investimenti è improbabile a breve termine mentre l’aumento della spesa pubblica tedesca in infrastrutture dovrebbe essere di sostegno sul più lungo periodo. Analogamente, l’aumento delle capacità di difesa europee favorirà la crescita nel medio-lungo termine. Tuttavia, alla luce delle numerose componenti d’importazione allo stato attuale in questo comparto, il moltiplicatore di crescita di questo tipo di spesa potrebbe rivelarsi piuttosto modesto.
… mentre l’inflazione è prevista convergere sul target quest’anno
L’inflazione ha continuato a scendere, largamente in linea con le precedenti stime dello staff BCE. Le previsioni della Banca centrale europea indicano un’inflazione complessiva in media al 2,3% nel 2025, all’1,9% nel 2026, e al 2,0% nel 2027, mentre l’inflazione core è attesa attestarsi in media al 2,2% nel 2025, al 2,0% nel 2026 e all’1,9% nel 2027. La revisione al rialzo della BCE di 0,2 punti percentuali per l’inflazione complessiva per il 2025 è dovuta a prezzi dell’energia più alti e implica il raggiungimento dell’obiettivo del 2,0% per l’inflazione nel primo trimestre 2026 anziché nel quarto trimestre 2025.
Affinché l’inflazione evolva in linea con le previsioni della BCE e converga in modo duraturo sul target, una crescita del costo unitario del lavoro che torni a livelli coerenti con l’obiettivo d’inflazione del 2% resta il prerequisito più importante. L’inflazione per la componente dei servizi è tuttora elevata, al 3,7%, e un suo calo sostenibile richiede ulteriore decelerazione della crescita dei salari, tanto più considerando che il dato sulla produttività potrebbe continuare a essere deludente.
La crescita dei salari si sta moderando negli ultimi tempi ed è attesa rallentare ulteriormente quest’anno in modo deciso verso il 3%. Gran parte delle metriche sul tendenziale indicano che l’inflazione si attesterà intorno all’obiettivo in modo duraturo. Il PCCI (Persistent and Common Component of Inflation) della BCE, ritenuto l’indicatore con la migliore capacità di prevedere l’inflazione complessiva a uno/due anni, è intorno al 2% da oltre un anno.
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