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Le obbligazioni indicizzate all'inflazione

Le obbligazioni indicizzate all'inflazione sono titoli concepiti per aiutare gli investitori a proteggersi dall'inflazione. Emesse principalmente da Stati sovrani, come Stati Uniti e Regno Unito, sono obbligazioni con rivalutazione delle cedole e del capitale in base al tasso di inflazione. Queste obbligazioni possono aiutare gli investitori a far fronte alla perdita di potere di acquisto che deriva dall’inflazione, oltre a offrire ulteriori vantaggi in portafoglio.

Glossario

  • Obbligazione: strumento di debito emesso da una società o da un governo per raccogliere capitale. Le obbligazioni fruttano un interesse e promettono all’investitore il pagamento di un determinato importo alla scadenza, oltre a interessi periodici.
  • Tasso di inflazione break-even: la differenza fra i rendimenti reali e quelli nominali.
  • Materie prime: generi alimentari, metalli o altri beni fisici che gli investitori acquistano o vendono, di solito mediante contratti futures.
  • Correlazione: una misura statistica dell’andamento reciproco di due titoli, come azioni, obbligazioni o materie prime.
  • Diversificazione: tecnica di gestione del rischio che consiste nel riunire un’ampia varietà di investimenti in un unico portafoglio. Tale tecnica si basa sul presupposto che un portafoglio contenente diversi tipi di investimento conseguirà in media performance più elevate e presenta rischi inferiori rispetto a un singolo investimento.
  • Azioni: interessi e diritti di titolarità o proprietà relativi a una società – sinonimo di azioni.
  • Scadenza: la data alla quale un prestito, un’obbligazione, un mutuo ipotecario o altro titolo di debito deve essere rimborsato.
  • Rendimenti nominali: il tasso riportato sull’obbligazione; il tasso della cedola.
  • Rendimenti reali: il rendimento nominale, o il tasso riportato sull’obbligazione, al netto dell’inflazione.
  • Performance corretta per il rischio: il rendimento di un investimento rispetto all’entità del rischio assunto in un determinato periodo di tempo.

Le obbligazioni indicizzate all'inflazione sono titoli concepiti per aiutare gli investitori a proteggersi dall'inflazione. Emesse principalmente da Stati sovrani, come Stati Uniti e Regno Unito, sono obbligazioni con rivalutazione delle cedole e del capitale in base al tasso di inflazione. Queste obbligazioni possono aiutare gli investitori a far fronte alla perdita di potere di acquisto che deriva dall’inflazione, oltre a offrire ulteriori vantaggi in portafoglio.

Qual è l'impatto dell'inflazione sui portafogli?

L'inflazione è l'aumento generalizzato dei prezzi di beni di consumo e servizi. Quando i prezzi aumentano, con la stessa quantità di denaro si acquistano meno beni e servizi, in altre parole si perde potere d'acquisto. Per tenere conto degli effetti dell'inflazione, gli investitori sono attenti al rendimento "reale", vale a dire al guadagno al netto dell'inflazione. Gli investimenti che mirano a conseguire rendimenti superiori al tasso d'inflazione possono proteggere il potere d'acquisto futuro degli investitori e potenzialmente incrementarlo.

L'inflazione globale è in calo dall'inizio degli anni '90. Nell'ultimo decennio nel Regno Unito, il livello dell'indice dei prezzi al consumo (CPI) è stato compreso tra il due e il tre percento, che è sostanzialmente in linea con l'obiettivo di inflazione della Bank of England. Eppure, anche con un tasso d'inflazione relativamente basso del 2,5%, un paniere di beni e servizi che costava 100 sterline dieci anni fa oggi costerebbe 128 sterline. Il grafico successivo illustra come l'inflazione eroda il potere d'acquisto nel tempo.

Indice dei prezzi al consumo del Regno Unito (variazione %)

UK Consumer Prices Index (% Change)

Questo grafico lineare illustra la variazione percentuale annua dell’indice dei prezzi al consumo del Regno Unito (CPI) dal 1989 al 2023. Sull’asse verticale, che parte da -3% e arriva a 15%, è indicata la variazione percentuale dell’indice. Sull’asse orizzontale sono riportati gli anni del periodo analizzato, dal 1989 sino al 2023. La linea nel grafico mostra le varie oscillazioni del CPI nel corso degli anni, con picchi considerevoli nel 1990 (11%), 2009 (5%) e 2022 (14,5%). Dal grafico si evince altresì che ai picchi sono spesso seguiti decisi cali dell’indice dei prezzi. Ci sono anche significativi cali rappresentati nel grafico. Dal 1990 al 1992, l’inflazione è scesa rapidamente dall’11% all’1%. Dal 2007 al 2008, è calata dal 5% a -1% (questa è stata l’unica volta in cui si è registrata deflazione nel Regno Unito nel periodo oggetto di analisi) e dal 2011 al 2015 è diminuita dal 5% all’1%. Il ciclo più recente di impennata e discesa dell’inflazione si è verificato agli inizi degli anni ’20 del 2000, quando l’inflazione è salita dall’1% del 2020 al 14,5% del 2022, scendendo poi sino al 5% nel 2023. Le fonti dei dati sono PIMCO e l’Istituto nazionale di statistica del Regno Unito, i dati sono al 31 gennaio 2024. La nota in calce specifica che il grafico è riportato a scopo puramente illustrativo e non è indicativo della performance passata o futura di alcun prodotto PIMCO. Il grafico consente di visualizzare in modo chiaro e immediato le variazioni del CPI nel periodo considerato.
Fonte: PIMCO, Istituto nazionale di statistica del Regno Unito, al 31 gennaio 2024.
A scopo puramente illustrativo. Il grafico non è indicativo della performance passata o futura di alcun prodotto PIMCO.

L’effetto dell’inflazione sui rendimenti degli investimenti può essere altrettanto distruttivo. Ipotizziamo che un portafoglio azionario renda il 4% l’anno e che l’inflazione si attesti al 2,5%. Il rendimento reale del portafoglio, vale a dire il rendimento meno il tasso di inflazione, sarebbe dell’1,5%. Un investimento azionario, quindi, aumenterebbe il potere d’acquisto dei risparmiatori solo dell’1,5% l’anno. Un investimento nel mercato monetario, un conto di risparmio o qualunque altro strumento che renda meno del tasso di inflazione, pari al 2,5%, di fatto eroderebbe il potere d’acquisto, vanificando anche l’obiettivo più conservativo, quello di mantenere la stessa qualità della vita.

ILB: obbligazioni indicizzate all’inflazione

Le obbligazioni indicizzate all’inflazione sono concepite per aiutare gli investitori a proteggersi dall’impatto negativo dell’inflazione collegando contrattualmente il capitale e gli interessi dei bond a una misura dell’inflazione riconosciuta su scala nazionale, come il Consumer Price Index negli Stati Uniti e il Retail Price Index nel Regno Unito.

Crescita del mercato delle obbligazioni indicizzate a inflazione
Grafico a barre che mostra la crescita del mercato delle obbligazioni indicizzate all’inflazione dal 1997 al 2023.   Sull’asse verticale, che parte da 0 dollari e arriva a 5.000 miliardi di dollari, è indicata la dimensione del mercato. Sull’asse orizzontale sono riportati gli anni del periodo analizzato, dal 1997 al 2023.   Le barre presentano sezioni indicate con diversi colori per evidenziare le tre categorie a cui si riferiscono: 1. ME (Mercati Emergenti), indicati in blu; 2. Mercati sviluppati (Stati Uniti esclusi), indicati in verde; 3. Stati Uniti, indicati in viola. Dal grafico si evince una considerevole crescita del mercato delle obbligazioni indicizzate all’inflazione nel corso degli anni, soprattutto dopo il 2003.   Dal 1997 al 2003, la crescita è stata più lenta ma costante, con valore totale del mercato passato da quasi 100 miliardi a 500 miliardi di dollari. Dopo il 2003, il valore totale ha cominciato a crescere in modo esponenziale raggiungendo un picco di 4.500 miliardi di dollari nel 2021. Nel 2022 si è registrato un calo a circa 3.750 miliardi di dollari ma nel 2023 il mercato è risalito a 4.000 miliardi di dollari.  Il segmento americano e quello dei mercati sviluppati (esclusi gli Stati Uniti) tendenzialmente sono stati quasi identici in termini di dimensioni nel periodo analizzato, rappresentando ciascuno circa il 40%-45% del mercato globale delle obbligazioni indicizzate all’inflazione, e in entrambi i casi di dimensioni molto più grandi rispetto a quelle del segmento dei mercati emergenti.   Tuttavia dal 2020 al 2023, i tre anni più recenti del periodo oggetto di analisi, il segmento americano sembra avere superato in dimensioni quello dei mercati sviluppati (Stati Uniti esclusi).   La fonte dei dati sono i Componenti dell’indice Bloomberg Universal Government Inflation-Linked All Maturities Bond Index, al 31 dicembre 2023. Il Bloomberg Universal Government Inflation-Linked All Maturities Bond Index non comprende le obbligazioni indicizzate all’inflazione con scadenza inferiore a 1 anno. La nota in calce specifica che il grafico è riportato a scopo puramente illustrativo e non è indicativo della performance passata o futura di alcun prodotto PIMCO.
Fonte: Componenti dell’indice Bloomberg Universal Government Inflation-Linked All Maturities Bond Index al 31 dicembre 2023.
L’indice Bloomberg Universal Government Inflation-Linked All Maturities Bond Index non comprende le obbligazioni indicizzate all’inflazione con scadenza inferiore a 1 anno.
A scopo puramente illustrativo. Il grafico non è indicativo della performance passata o futura di alcun prodotto PIMCO.

Le prime ILB sono state emesse dal Commonwealth of Massachusetts nel 1780 durante la Guerra d’indipendenza americana. Molto tempo dopo, negli anni Cinquanta delNovecento, anche i mercati emergenti hanno cominciato a emettere ILB. Negli anni Ottanta il Regno Unito è stato il primo paese sviluppato a immettere sul mercato i “linkers”,seguito da diversi altri Stati, come Australia, Canada, Messico e Svezia. Nel gennaio 1997 gli Stati Uniti hanno lanciato i Treasury Inflation-Protected Securities (TIPS), che rappresentano attualmente la componente più ampia del mercato globale delle ILB. Oggi le obbligazioni indicizzate all’inflazione sono solitamente vendute dai governi neltentativo di ridurre i costi di finanziamento e ampliare la base di investitori. Le imprese hanno occasionalmente emesso ILB per lo stesso motivo, ma per un ammontare totalerelativamente basso.

Calcolo del valore e delle cedole delle ILB

Data l’esplicita indicizzazione di una ILB a una misura dell’inflazione riconosciuta su scala nazionale, ogni aumento dei prezzi si traduce in un incremento diretto del valore del capitale. Consideriamo ad esempio un TIPS americano a 20 anni del valore di $1.000 con una cedola del 2,5% (1,25% su base semestrale) e un tasso di inflazione del 4%. Il capitale aumenterà giornalmente in base al tasso di inflazione. Alla scadenza il valore del capitale sarà di $2.208 (4% annuo composto semestralmente). Inoltre, anche se la cedola resta fissa al 2,5%, il valore in dollari di ogni pagamento degli interessi aumenterà poiché la cedola sarà calcolata sul valore del capitale corretto per l’inflazione. La prima cedola semestrale dell’1,25% pagata su un capitale corretto per l’inflazione di $1.020 è pari a $12,75, mentre l’ultima cedola semestrale sarà pari all’1,25% di $2.208, vale dire $27,60.

Il valore della quota capitale e della cedola dall'emissione alla scadenza
Il grafico illustra la rivalutazione nel tempo delle cedole e del capitale delle obbligazioni indicizzate all’inflazione, con spiegazioni relative alle diverse fasi: all’emissione, durante l’investimento e alla scadenza.   Il grafico usa diversi colori e linee grigie per evidenziare come cambiano i valori delle cedole e del capitale nel corso della vita dell’obbligazione mentre gli adeguamenti in base al CPI sono indicati dalle aree ombreggiate al di sopra del capitale iniziale.   Nella parte superiore del grafico viene illustrata la rivalutazione del capitale nel corso della vita dell’obbligazione mentre nella parte inferiore la rivalutazione delle cedole.   1. Valore del Capitale: - All’emissione: L’investitore acquista al valore nominale.  - Durante l’investimento: Rivalutazione del capitale in base alle variazioni mensili del CPI (CPI-U, all items, NSA).  - Alla scadenza: Rimborso del capitale al valore maggiorato o al valore nominale (“floor” in caso di deflazione).  2. Valore delle Cedole: - All’emissione: Tasso d’interesse reale sul valore nominale in base al CPI; cedola semestrale.  - Durante l’investimento: l’ammontare della cedola varia per l’applicazione del tasso reale al valore del capitale rivalutato in base al CPI.  - Alla scadenza: Le cedole sono sempre calcolate sul capitale rivalutato in base al CPI.  La fonte dei dati è PIMCO e la nota in calce specifica che il grafico è riportato a scopo puramente illustrativo.   Acronimi: NSA significa ‘non destagionalizzato’.   CPI è l’acronimo di Consumer Price Index (indice dei prezzi al consumo), indice comune e universalmente riconosciuto come misura dell’inflazione.
Fonte: PIMCO
Esempio a scopo puramente illustrativo.
NSA: Non destagionalizzato.

Anche se il meccanismo esatto di calcolo dei pagamenti può variare a seconda degli emittenti, tutte le ILB sono concepite per offrire agli investitori rendimenti contrattualmente indicizzati all’inflazione che possono servire come strumento per proteggersi dall’aumento dei prezzi. I rendimenti mensili delle ILB evidenziano storicamente una correlazione positiva con le variazioni mensili dell’inflazione, mentre molte delle altre principali classi di attivo, come azioni, obbligazioni governative nominali e obbligazioni societarie, hanno una correlazione negativa o nulla con l’inflazione nell’arco di un periodo prolungato.

La protezione dall’inflazione offerta dalle ILB è importante perché ogni risparmiatore e consumatore è esposto all’inflazione e dovrebbe quindi valutare una forma di copertura di tale rischio. Poiché le classi di attivo tradizionali come azioni e obbligazioni – che hanno un ruolo dominante in molti portafogli – possono risentire di periodi di persistente inflazione, le ILB, essendo esplicitamente indicizzate alle variazioni dell’inflazione, rappresentano un modo efficace per assicurare al portafoglio un rendimento reale.

I fattori che influiscono su performance e rischi delle ILB

Oltre all’inflazione maturata e alle cedole, il rendimento totale delle ILB è legato a una terza componente: l’oscillazione dei prezzi dovuta alle variazioni dei rendimenti reali. Se il bond viene detenuto fino alla scadenza, tale componente diviene irrilevante; prima della scadenza, tuttavia, il valore di mercato del titolo sale o scende rispetto al valore nominale.

Proprio come le obbligazioni nominali, i cui prezzi si muovono in risposta alle variazioni dei tassi di interesse nominali, le ILB si rivalutano se i rendimenti reali diminuiscono e si svalutano se i rendimenti reali aumentano. Se l’economia attraversa una fase di deflazione – cioè di prolungato calo dei prezzi – nel corso della vita di una ILB, il capitale corretto per l’inflazione può scendere al di sotto del valore nominale. I successivi pagamenti delle cedole si baseranno quindi su tale valore ponderato per la deflazione. Tuttavia, molti paesi che emettono ILB, come USA, Australia, Francia e Germania, offrono un deflation floor alla scadenza: se la deflazione porta il capitale al di sotto del valore nominale, l’investitore riceve comunque il valore nominale alla scadenza. Così, mentre il pagamento delle cedole si basa sul capitale ponderato per l’inflazione o la deflazione, alla scadenza l’investitore riceve l’importo più alto fra il capitale corretto per l’inflazione e il valore nominale iniziale.

Oltre a proteggere dall’inflazione, le ILB offrono altri vantaggi

L’inserimento delle ILB in un portafoglio di azioni e obbligazioni tradizionali può offrire agli investitori una maggiore diversificazione e una minore volatilità. Le ILB possono reagire in modo particolare a vari contesti economici ed evidenziano storicamente una bassa correlazione con azioni, materie prime e altre classi di attivo. Il portafoglio risulta quindi più diversificato e meno volatile e può offrire un miglior rendimento totale ponderato per il rischio. Se la diversificazione non protegge dalle perdite, in alcuni casi può però alterare favorevolmente il trade-off fra rischio e rendimento.

Stabilire il valore relativo delle ILB: il tasso di inflazione break-even

Per confrontare ILB e titoli di Stato nominali e determinarne il valore relativo, si può considerare il differenziale fra rendimenti nominali e reali, detto tasso di inflazione break-even. Tale valore indica le attese di inflazione implicite nel mercato; è il differenziale di tasso a cui i rendimenti attesi delle ILB e dei bond nominali sono uguali. Se il tasso di inflazione effettivo durante la vita dell’obbligazione è più alto del tasso breakeven, gli investitori guadagnano di più con le ILB assumendosi un minor rischio di inflazione.

Se il tasso di inflazione effettivo è al di sotto delle attese, l’obbligazione nominale con la stessa scadenza offre un rendimento superiore, anche se con un rischio di inflazione più alto.

Ad esempio, se un titolo di Stato nominale canadese a 20anni rende il 2,5% e un’obbligazione a 10 anni dello stesso paese a rendimento reale offre lo 0,25%, il tasso di inflazione breakeven è pari al 2,25%. Se l’investitore ritiene che per i prossimi 20 anni il Canada avrà un’inflazione superiore al 2,25%, preferirà un bond canadese a rendimento reale.

Conclusione

Chiunque abbia dei risparmi o consumi beni e servizi è esposto all’inflazione e può beneficiare di un investimento in ILB. Le ILB, inoltre, reagiscono in modo particolare ai vari contesti economici e rappresentano quindi uno strumento di diversificazione all’interno di un portafoglio più ampio.

The effect of inflation on investment returns can be just as destructive. Assume a sample equity portfolio return of 4% per year and an inflation rate of 2.5%. The real return of this portfolio, or the return minus the rate of inflation, would be 1.5%. So, in this case, an investment in equities would increase investors’ purchasing power by only 1.5% a year. An investment in any investment returning less than the 2.5% rate of inflation would effectively erode purchasing power, defeating even the most conservative goal of maintaining quality of life.

What are inflation-linked bonds, or ILBs?

Inflation-linked bonds are designed to hedge investor portfolios from the negative impact of inflation by contractually linking the bonds’ principal and interest payments to a nationally recognized inflation measure such as the Retail Price Index (RPI) in the UK, the European Harmonised Index of Consumer Prices (HICP) ex-tobacco in Europe, and the Consumer Price Index (CPI) in the U.S.

The earliest recorded inflation-indexed bonds were issued by the Commonwealth of Massachusetts in 1780 during the Revolutionary War. Much later, emerging market countries began issuing ILBs in the 1960s. In the 1980s, the UK was the first major developed market to introduce “linkers” to the market. Several other countries followed, including Australia, Canada, Mexico and Sweden. In January 1997, the U.S. began issuing Treasury Inflation-Protected Securities (TIPS), now the largest component of the global ILB market. Today inflation-linked bonds are typically sold by governments to reduce borrowing costs and broaden their investor base. Corporations have occasionally issued inflation-linked bonds for the same reasons, but the total amount has been relatively small.

How do ILBs work?

An ILB’s explicit link to a nationally recognized inflation measure means that any increase in price levels directly translates into higher principal values. As a hypothetical, consider a $1,000 20-year U.S. TIPS with a 2.5% coupon (1.25% on semiannual basis), and an inflation rate of 4%. The principal on the TIPS note will adjust daily to account for the 4% inflation rate. At maturity, the principal value is expected to be $2,208 (4% per year, compounded semiannually). Additionally, while the coupon rate remains fixed at 2.5%, the dollar value of each interest payment will rise, as the coupon will be paid on the inflation-adjusted principal value. The first semiannual coupon of 1.25% paid on the inflation-adjusted principal of $1,020 is $12.75, while the final semiannual interest payment will be 1.25% of $2,208, which is $27.60.

While the exact mechanism for calculating payments can differ across specific issuers, all ILBs are designed to provide investors with returns contractually linked to inflation that may be used as a tool to hedge against rising price levels.

The inflation hedge offered by ILBs is important because every investor and consumer is exposed to inflation and should consider having some measure of inflation hedging in their portfolio. Since traditional asset classes such as stocks and bonds - which tend to dominate many portfolios - can be adversely affected by periods of persistent inflation, ILBs, with their explicit link to changes in inflation, are an effective way to incorporate explicit real returns into a portfolio.

What factors affect the performance and risks of ILBs?

Together with inflation accrual and coupon payments, the third driver of ILBs’ total return comes from the price fluctuation due to changes in real yields. If the bond is held to maturity, the price change component becomes irrelevant; however, prior to expiration, the market value of the bond may move higher or lower than its par amount.

Just like nominal bonds, whose prices move in response to nominal interest rate changes, ILB prices will increase as real yields decline and decrease as real yields rise. Should an economy undergo a period of deflation – a sustained decline in price levels during the life of an ILB, the inflation-adjusted principal could decline below its par value. Subsequently, coupon payments would be based on this deflation-adjusted amount. However, many ILB-issuing countries, such as the U.S., Australia, France and Germany, offer deflation floors at maturity: if deflation drives the principal amount below par, an investor would still receive the full par amount at maturity. So, while coupon payments are paid on a principal adjusted for inflation or deflation, an investor may receive the greater of the inflation-adjusted principal or the initial par amount at maturity.

How do I determine the relative value of ILBs?

To compare ILBs with nominal government bonds and determine their relative value, investors can look at the difference between nominal yields and real yields, called the breakeven inflation rate. The difference indicates the inflation expectations priced into the market; it is the rate differential at which the expected returns of ILBs and nominal bonds are equal. If the actual inflation rate over the life of the bond is higher than the breakeven inflation rate, investors would earn a higher return holding ILBs while having lower inflation risk.

If the actual inflation rate is lower than expectations, the nominal bond of the same maturity would garner a higher return, though with a higher inflation risk. For example, if a 10-year nominal UK gilt is yielding 2.5% and a 10-year UK inflation-linked bond is yielding 0.25%, then the breakeven inflation rate is 2.25%. If an investor believes the UK inflation rate will be above 2.25% for the next 10 years, then a then an Inflation-Linked Bond would be a more attractive investment.

What are the risks?

As with other investments, the price of ILBs can fluctuate, and if real yields rise, the market value of an ILB will fall. Real yields can rise, without a corresponding increase in nominal yields. If held to maturity however, the market value fluctuations would be irrelevant and an investor is expected to receive the par amount. While, a period of deflation could reduce this par amount, in practice many ILBs may be issued with a deflation floor to help mitigate this risk.




1 National Bureau of Economic Research: “The Invention of Inflation-Indexed Bonds in Early America” by Robert J. Shiller.

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