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La diversificazione dei fattori di rischio

Gli approcci tradizionali di costruzione del portafoglio, incentrati sulla diversificazione delle classi di attivo, potrebbero essere insufficienti per conseguire gli obiettivi degli investitori. Una strategia con diversificazione dei "fattori di rischio" potrebbe dimostrarsi più efficiente.

Perché la diversificazione tradizionale delle classi di attivo non basta?

Le strategie di allocazione tradizionali puntano ad attenuare la volatilità complessiva del portafoglio combinando classi di attivo poco correlate tra loro, che tendono cioè a non muoversi nella medesima direzione nello stesso momento. Tuttavia le correlazioni tra classi di attivo sono meno stabili di quanto molti pensino e tendenze di lungo periodo come la globalizzazione le stanno portando a livelli più elevati. Inoltre, nelle fasi di turbolenza sui mercati le correlazioni solitamente si accentuano. Di conseguenza, classi di attivo apparentemente diverse potrebbero comportarsi in modo più simile di quanto molti si aspettino. In altre parole, anche portafogli ben diversificati a livello di classi di attivo potrebbero non essere adeguatamente posizionati per attutire la volatilità di mercato (Figura 1).

La figura mostra due grafici a torta: uno illustra l’allocazione a livello di classi di attivo e l’altro l’esposizione ai fattori di rischio. Il grafico a sinistra riporta le allocazioni alle varie classi di attivo con pesi basati sul valore di mercato. Sono riportate le percentuali di 17 diverse classi di attivo, indicate con vari colori nel grafico. Con una percentuale del 17,7% il private equity rappresenta la porzione più grande, seguito da hedge fund con il 16,3%, azionario dei mercati sviluppati con il 13,6%, azionario domestico con il 13% e venture capital con il 12,2%. Tra la restante dozzina di categorie di attivi, le tre con la quota più piccola, intorno allo 0,5%, sono: le obbligazioni del Tesoro americano indicizzate all’inflazione (TIPS), le obbligazioni high yield americane e le master limited partnership. La quota della liquidità è pari al 3,5%. Il grafico a destra illustra l’esposizione ai rischi in termini di contributo alla volatilità stimata e si vede chiaramente che lo stesso portafoglio del grafico accanto in realtà presenta una forte concentrazione di esposizione al rischio azionario. L’esposizione al rischio azionario globale dei mercati sviluppati occupa la porzione più grande del grafico con un'allocazione del 63%, seguita dall’esposizione a settori/stili azionari con il 13%. L’esposizione al fattore liquidità è dell’8% e quella al rischio azionario dei mercati emergenti è pari al 5%. Le percentuali di altre categorie di esposizione sono comprese tra 0% e 4%.

Che cosa si intende per fattori di rischio?

I fattori di rischio rappresentano le esposizioni ai rischi da cui discende il rendimento di una classe di attivo (Figura 2). Ad esempio, per l’azionario, l’esposizione e il conseguente rendimento possono essere scomposti in una componente costituita dal rischio di mercato (relativa cioè all'andamento del mercato azionario) e in una componente di rischio specifico della società emittente. Analogamente, per l’obbligazionario, possono essere ripartiti in una componente rappresentata dal rischio di tasso d'interesse (la sensibilità del prezzo alle variazioni dei tassi) e nella componente costituita dal rischio specifico dell'emittente. Il rischio valutario (o di cambio) è un fattore di rischio per gli attivi denominati in valuta estera. Assumendo esposizioni mirate ai fattori di rischio sottostanti, si può ottenere un insieme di classi di attivo con maggiore diversificazione del rischio in portafoglio.

La figura mostra due grafici a torta: uno illustra l’allocazione a livello di classi di attivo e l’altro l’esposizione ai fattori di rischio. Il grafico a sinistra riporta le allocazioni alle varie classi di attivo con pesi basati sul valore di mercato. Sono riportate le percentuali di 17 diverse classi di attivo, indicate con vari colori nel grafico. Con una percentuale del 17,7% il private equity rappresenta la porzione più grande, seguito da hedge fund con il 16,3%, azionario dei mercati sviluppati con il 13,6%, azionario domestico con il 13% e venture capital con il 12,2%. Tra la restante dozzina di categorie di attivi, le tre con la quota più piccola, intorno allo 0,5%, sono: le obbligazioni del Tesoro americano indicizzate all’inflazione (TIPS), le obbligazioni high yield americane e le master limited partnership. La quota della liquidità è pari al 3,5%. Il grafico a destra illustra l’esposizione ai rischi in termini di contributo alla volatilità stimata e si vede chiaramente che lo stesso portafoglio del grafico accanto in realtà presenta una forte concentrazione di esposizione al rischio azionario. L’esposizione al rischio azionario globale dei mercati sviluppati occupa la porzione più grande del grafico con un'allocazione del 63%, seguita dall’esposizione a settori/stili azionari con il 13%. L’esposizione al fattore liquidità è dell’8% e quella al rischio azionario dei mercati emergenti è pari al 5%. Le percentuali di altre categorie di esposizione sono comprese tra 0% e 4%.

Come funziona l'allocazione basata sui fattori di rischio?

Non è possibile investire direttamente in un "fattore di rischio” ma una strategia allocativa basata sui fattori di rischio può aiutare gli investitori a selezionare in modo più efficace quell’insieme di classi di attivo che diversifichi al meglio i rischi e al contempo rifletta le loro view sull'economia e sui mercati finanziari. Come funziona una strategia di questo tipo? Conoscendo i fattori di rischio delle varie classi di attivo, gli investitori possono scegliere quella che offre l'esposizione più efficiente a un particolare fattore di rischio. Ad esempio, se intendono inserire rischio valutario in portafoglio possono farlo investendo direttamente in valute estere oppure acquistando azioni, obbligazioni o persino materie prime denominate in valuta estera se le valutazioni di queste classi di attivo appaiono più allettanti. Nel tempo questa flessibilità può accrescere notevolmente il valore di un portafoglio.

Come attuare in portafoglio la diversificazione basata sui fattori di rischio?

Un approccio basato sui fattori di rischio richiede una visione macroeconomica di lungo periodo su un ampio spettro di variabili, tra cui politica monetaria, sviluppi geopolitici, inflazione, tassi d'interesse, valute e trend di crescita economica. Pochi hanno le risorse o l'infrastruttura per monitorare costantemente questi fattori, può essere dunque opportuno informarsi presso i consulenti finanziari per conoscere i fondi che adottano questo approccio.

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