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Prospettive Cicliche

Gestire la discesa

Con prospettive economiche globali ancora nebulose e mercati azionari che scontano un atterraggio morbido, l’obbligazionario offre rendimenti interessanti e resilienza in molteplici possibili scenari.

Il ciclo più aggressivo di rialzi dei tassi che si sia visto da decenni ha posto l’economia globale su una rotta che resta di difficile previsione, il che rende ancora più importante porre attenzione ai rischi e puntare su portafogli capaci di conseguire buoni risultati in una varietà di contesti.

Dopo un 2023 in cui le principali economie hanno dimostrato una sorprendente resilienza, prevediamo una riduzione di marcia verso la stagnazione o una lieve recessione nel 2024. Il rallentamento sarà verosimilmente più marcato nei paesi con mercati più sensibili ai tassi di interesse e l’eccezionale vigore dell’economia americana probabilmente verrà meno nel nostro orizzonte ciclico di sei – dodici mesi.

Alla luce del calo dell’inflazione, le banche centrali dei mercati sviluppati sono probabilmente giunte al termine del loro ciclo di rialzi dei tassi. L’attenzione si è dunque spostata sui tempi e sul ritmo di riduzione dei tassi.

Storicamente, le banche centrali hanno avuto la tendenza a non ridurre i tassi prima di una recessione ma solo dopo il suo manifestarsi e a operare poi tagli maggiori di quelli previsti dai mercati. Sul più lungo termine continuiamo ad aspettarci che il tasso ufficiale neutrale scenda a livelli analoghi o leggermente superiori a quelli osservati prima della pandemia.

Riprendendo le parole del Presidente della Federal Reserve Jerome Powell, crediamo che i rischi di rialzo per l’inflazione e di ribasso per la crescita siano divenuti più simmetrici. I rischi di recessione restano tuttavia elevati, a nostro giudizio, in ragione di una crescita stagnante della domanda e dell’offerta nei mercati sviluppati. Dopo il rally di molti mercati finanziari nella parte finale del 2023, gli attivi più rischiosi sembrano scontare un atterraggio morbido per l’economia e potrebbero sottostimare i rischi sia di ribasso che di rialzo.

Con valutazioni appetibili e rendimenti tuttora prossimi ai massimi da 15 anni, i mercati obbligazionari possono offrire una varietà di opportunità con potenziale di validi risultati in molteplici scenari macroeconomici.

Sui mercati del credito, continuiamo a privilegiare gli MBS agency statunitensi e altri attivi di alta qualità assistiti da garanzia che offrono sia rendimenti interessanti che resilienza in caso di ribassi. La tendenza delle banche a fare un passo indietro in determinati ambiti verosimilmente persisterà offrendo opportunità nel credito assistito da attivi e nella finanza specializzata sui mercati privati.

Ravvisiamo anche opportunità di straordinaria appetibilità per l’obbligazionario globale, con potenziale di sovraperformare quello americano a fronte di maggiori rischi di ribasso sul versante economico. Siamo focalizzati sui mercati sviluppati (MS) più liquidi alla luce dei rendimenti interessanti ma puntiamo a cogliere valore anche nel debito dei mercati emergenti (ME).

I rendimenti monetari restano elevati, tuttavia gli investitori rischiano di perdere opportunità restando troppo a lungo sul monetario. Il rally del mercato obbligazionario nella parte finale del 2023 ha evidenziato come gli investitori possano conseguire rendimenti complessivi più appetibili con obbligazioni di alta qualità a media scadenza, per il combinarsi di rendimenti e apprezzamenti dei prezzi dei titoli, senza assumere un rischio di tasso di interesse maggiore con obbligazioni a lunga scadenza.

Prospettive economiche: la resilienza del 2023 cederà il passo alla stagnazione nel 2024

L’attività economica si è mantenuta a livelli migliori del previsto nel 2023 nonostante gli aumenti aggressivi dei tassi da parte delle banche centrali, le turbolenze nel settore bancario e le tensioni sul fronte geopolitico.

A ciò hanno contribuito diversi fattori: la politica monetaria restrittiva ha innalzato il costo del denaro ma non ha innescato un inasprimento delle condizioni finanziarie generali; i pronti interventi delle autorità di governo hanno aiutato a contenere le tensioni derivanti da fallimenti di banche regionali; i margini delle imprese in generale sono stati robusti e i consumi resilienti; l’allentarsi dei colli di bottiglia nelle filiere globali ha favorito il raffreddarsi dell’inflazione; e si sono registrati miglioramenti sul fronte dell’offerta nel mercato del lavoro.

Quest’anno tuttavia è probabile che la crescita degli Stati Uniti registri un andamento più in linea con quello del resto dei mercati sviluppati indirizzandosi verso una stagnazione o una lieve contrazione. Il risparmio, in termini reali, dovrebbe presto tornare ai livelli precedenti la pandemia in quanto l’inflazione ha eroso il patrimonio nominale complessivo delle famiglie. La politica fiscale nei mercati sviluppati sarà verosimilmente restrittiva e il più alto costo del denaro eserciterà un freno crescente sull’economia.

Pare inoltre più difficile che si possano conseguire ulteriori miglioramenti dei tassi di partecipazione sul mercato del lavoro. Gli effetti ritardati dell’implementazione implicano altresì che i vantaggi di produttività derivanti da nuove tecnologie, come ad esempio l’intelligenza artificiale generativa, verosimilmente si manifesteranno su un orizzonte temporale più lungo.

Il rallentamento con tutta probabilità sarà più veloce nelle economie con mercati del debito maggiormente a tasso variabile e più sensibili ai tassi di interesse (es., Australia, Canada, Nuova Zelanda e Svezia), con una crescita più debole dei consumi. Il Regno Unito e l’Europa sono mercati anch’essi più sensibili ai tassi rispetto agli Stati Uniti e inoltre paiono più vulnerabili in ragione dei legami commerciali dell’Europa con la Cina dove la crescita pure resta fiacca, degli effetti persistenti sulle ragioni di scambio e sugli investimenti dello choc energetico conseguente all’invasione russa dell’Ucraina, nonché per la prospettiva di politiche fiscali più restrittive.

Prospettive di politica monetaria: avvio della riduzione dei tassi ma con ritardo

Le banche centrali dei mercati sviluppati sono probabilmente ormai giunte al termine dei loro rispettivi cicli di rialzo dei tassi. L’attenzione degli investitori si è dunque spostata su quando avvieranno la riduzione dei tassi e sull’entità dei tagli.

Storicamente, le banche centrali non hanno abbassato i tassi prima di una recessione. I tagli dei tassi hanno tendenzialmente coinciso con le fasi di aumento della disoccupazione e di riduzione dell’output gap, quando l’economia è già in recessione. In quei pochi casi in cui una banca centrale ha diminuito i tassi in assenza di recessione, il picco di inflazione era chiaramente alle spalle mentre il tasso di disoccupazione era risalito verso la media di lungo termine da un livello notevolmente basso.

Oggi, il picco per l’inflazione complessiva e quella di fondo è chiaramente alle spalle (cfr. Figura 1), mentre il tasso di disoccupazione ha cominciato a risalire lievemente con l’attenuarsi in generale degli squilibri fra domanda e offerta sul mercato del lavoro. Quest’ultimo resta tuttavia robusto e si riscontrano progressi meno vistosi nella discesa dell’inflazione di fondo per la componente dei servizi più sensibili ai livelli dei salari.

Figura 1 - L’inflazione si è notevolmente moderata ma con minori progressi nelle categorie dei servizi sensibili ai livelli dei salari

La Figura 1 mostra due grafici lineari posti uno accanto all’altro. Il grafico a sinistra mostra la variazione percentuale annua dell’inflazione complessiva e di quella di fondo nelle economie dei mercati sviluppati da gennaio 2018 a novembre 2023. Il grafico a destra illustra la variazione percentuale annua della componente dei servizi, escluso alloggio, dell’inflazione di fondo negli Stati Uniti (sia per l’indice CPI che per l’indice PCE), nell’Eurozona e nel Regno Unito nello stesso periodo. L’inflazione complessiva ha toccato un minimo vicino allo 0% agli inizi del 2020 con lo scoppio della pandemia, mentre l’inflazione di fondo si è attestata intorno all’1,0% per gran parte del 2020. Sia l’inflazione complessiva che quella di fondo si sono poi impennate, con la prima che ha raggiunto il picco sopra l’8% nella parte avanzata del 2022 e la seconda che è salita al di sopra del 5% intorno a quel periodo. Sia l’inflazione complessiva che quella di fondo sono scese da allora, la prima si è attestata intorno al 3,0% e la seconda intorno al 4,0%. La componente dei servizi, escluso alloggio, dell’inflazione di fondo ha seguito un percorso analogo, toccando minimi intorno all’1% o inferiori da metà del 2020 agli inizi del 2021 negli Stati Uniti, nell’Area Euro e nel Regno Unito prima di salire sensibilmente in un range intorno al 5% - 8%.  Da allora è calata su un range intorno al 4% - 6%.  I dati sono di fonte Haver Analytics ed elaborazioni di PIMCO al 30 novembre 2023. MS indica i mercati sviluppati ed è l’aggregato ponderato per il PIL di Area Euro, Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Giappone.

Fonte: Haver Analytics ed elaborazioni di PIMCO, al 30 novembre 2023. MS indica i mercati sviluppati ed è l’aggregato ponderato per il PIL di Area Euro, Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Giappone.

Il boom di immigrazione nei mercati sviluppati dopo la riapertura delle frontiere alla fine della pandemia e sulla spinta di conflitti geopolitici sembra non agevolare il compito della politica monetaria per il persistere di un gap fra le competenze richieste e offerte sul mercato del lavoro nonché un’offerta insufficiente di immobili sul mercato che potrebbero limitare gli effetti disinflazionistici derivanti dall’aumento di potenziale forza lavoro. Il timore di una nuova accelerazione dell’inflazione, analogamente agli anni ’70 durante la presidenza Fed di Arthur Burns, potrebbe essere un altro fattore che potrebbe indurre le banche centrali ad attendere più a lungo che in passato prima di cominciare a ridurre i tassi.

Stimare quanto tempo attenderanno le banche centrali prima di tagliare i tassi è più un’arte che una scienza esatta, anche ricorrendo a strumenti consolidati di previsione economica. Un esempio di questi strumenti è la regola di Taylor, che prende il nome dall’economista John Taylor che l’ha elaborata, e le varianti da essa derivate, diffusamente impiegate per stabilire i valori dei tassi ufficiali in rapporto a inflazione e crescita.

Dall’applicazione di semplici varianti della regola di Taylor si evince che la Fed abbia alzato i tassi con un ritardo di nove mesi nel 2022 e che oggi sia già in ritardo sui tagli (cfr. Figura 2). La regola e le sue varianti tuttavia non sono adatte per indicare la strada di politica monetaria a seguito di choc sul lato dell’offerta e vi è incertezza rispetto al livello attorno al quale l’inflazione graviterà una volta che gli effetti legati alla pandemia verranno meno in modo più compiuto.

Figura 2 - Varie varianti della regola indicano ritardo della Fed nell’aumento dei tassi

La Figura 2 è un grafico lineare di confronto fra il tasso effettivo sui Fed fund e il range (raffigurato dall’area colorata) di valori dei tassi di politica monetaria ottenuti applicando varianti della regola di Taylor nel periodo da maggio 2020 a fine novembre 2023. Nel grafico si osserva come la fascia di valori ottenuti con varianti della regola di Taylor indichi aumenti dei tassi ben prima dell’avvio dei rialzi da parte della Fed a marzo 2022, implicando che la Fed abbia innalzato i tassi con ritardo. La fascia di valori ottenuti con varianti della regola di Taylor è rimasta ben al di sopra del tasso sui Fed fund sino a marzo 2023, quando c’è stata convergenza tra il limite inferiore della fascia colorata e il tasso sui Fed fund, che allora era al 5,0%. Da allora la fascia colorata è al di sotto del tasso Fed fund che a novembre era al 5,5%, implicando che la Fed sia in ritardo sul taglio dei tassi. I dati sono di fonte Federal Reserve Bank di St. Louis, Haver Analytics ed elaborazioni di PIMCO al 30 novembre 2023. Le varianti della regola di Taylor sono basate sul documento “The Monetary-Fiscal Policy Mix and Central Bank Strategy,” James Bullard, 12 maggio 2023.
Fonte: Federal Reserve Bank di St. Louis, Haver Analytics ed elaborazioni di PIMCO al 30 novembre 2023. La fascia colorata indica l’area di valori dei tassi di politica monetaria ottenuti con diverse varianti della regola di Taylor. Le varianti della regola di Taylor sono basate sul documento “The Monetary-Fiscal Policy Mix and Central Bank Strategy,” James Bullard, 12 maggio 2023.

In generale, ci aspettiamo che le banche centrali dei mercati sviluppati comincino a ridurre i tassi in prossimità della metà del 2024 (potenzialmente un po’ prima per la Fed), ad eccezione della Bank of Japan che riteniamo proseguirà con i suoi piani di modesti rialzi dei tassi quest’anno.

L’avvio ritardato dell’allentamento monetario implica che quando le banche centrali cominciano effettivamente a ridurre i tassi, i tagli possono essere più aggressivi di quanto previsto dal mercato. Questo è frutto certamente in parte della difficoltà di prevedere con esattezza una recessione nonché della tendenza delle banche centrali a non attuare tagli dei tassi prima di essere ragionevolmente certe che l’economia sia entrata in recessione con aumento della disoccupazione.

L’entità dell’aumento nel precedente ciclo di rialzi è un buon indicatore dell’entità della riduzione nel successivo ciclo di tagli dei tassi.

L’analisi di un campione di 140 cicli di rialzi dei tassi riferiti a 14 mercati sviluppati dagli anni ’60 ad oggi indica che le banche centrali hanno avuto la tendenza a ridurre i loro tassi di riferimento in media di 500 punti base nei casi in cui l’economia è entrata in recessione. Durante i cicli di riduzione dei tassi che non hanno coinciso con una recessione, le banche centrali hanno abbassato i tassi in media di 200 punti base nel primo anno del ciclo di allentamento, che è il doppio del totale dei tagli al ritmo di 25 punti base a riunioni alterne implicito nell’ultimo Documento di sintesi delle proiezioni economiche (SEP) del Comitato di politica monetaria (FOMC) della Fed.

In generale, l’entità dell’aumento nel ciclo di rialzi immediatamente precedente è stato un buon indicatore dell’entità della riduzione dei tassi nel successivo ciclo di allentamento monetario. Inoltre, continuiamo a prevedere il ritorno a un contesto analogo a quello della Nuova Neutralità precedente lo choc del COVID-19, con tasso ufficiale neutrale atteso simile o leggermente superiore ai livelli prima della pandemia, il che sarebbe in linea con tagli dei tassi più ampi. (Per maggiori informazioni si rimanda al nostro ultimo Secular Outlook, “The Aftershock Economy”).

Un atterraggio morbido non è l’unica evoluzione possibile

Uno dei principali motivi per sostenere che i rischi di recessione sono elevati è che la strategia di tassi alti per un periodo prolungato comunicata dalle banche centrali storicamente non ha coinciso spesso con atterraggi morbidi per l’economia. Nei casi in cui i cicli di rialzi dei tassi non hanno preceduto una recessione – a metà degli anni ’60, a metà degli anni ’80 e a metà degli anni ’90 – la banca centrale di solito si è mossa con relativa rapidità nel taglio dei tassi a fronte di coincidenti choc positivi sul lato dell’offerta (espansione del commercio mondiale, boom di produttività e accelerazione della produzione da parte dell’OPEC) che hanno contribuito alla discesa dell’inflazione.

La normalizzazione delle filiere dopo la pandemia ha già contribuito alla riduzione dell’inflazione dal picco del 2022. Ci aspettiamo che il calo dell’inflazione prosegua nel 2024, con discesa dell’inflazione complessiva e di quella di fondo nel range del 2%–3% su base annua nei mercati sviluppati. Questo, in aggiunta al potenziale di un ciclo più veloce di tagli dei tassi, dovrebbe aumentare le prospettive di atterraggio morbido.

Tuttavia, a fronte del minor spazio per ulteriori miglioramenti sul versante dell’offerta nella normalizzazione post-pandemia e dell’affievolirsi al contempo della domanda, esiteremmo a dichiarare vittoria rispetto ai rischi di inflazione o di recessione. Alla luce delle attese di stagnazione sia della domanda che dell’offerta nei mercati sviluppati nel 2024, riteniamo che i rischi di recessione restino più pronunciati del solito.

I rischi di inflazione appaiono tuttora più marcati negli Stati Uniti dove la crescita potrebbe confermarsi più resiliente rispetto ad altre economie dei mercati sviluppati in ragione della relativa lentezza con cui i tassi di mercato più elevati si trasmettono ai pagamenti degli interessi sul debito in essere, dei più alti livelli di risparmio, in termini reali, frutto di una politica fiscale che ha erogato aiuti più generosi durante la pandemia e del crescente sostegno derivante da norme già varate a favore di investimenti in infrastrutture, energie rinnovabili e filiere produttive, che potrebbero rafforzare la domanda sul breve termine prima che i benefici sul versante dell’offerta controbilancino le pressioni inflazionistiche.

Implicazioni per gli investimenti: posizionarsi per cogliere un ampio ventaglio di opportunità

Riteniamo interessanti gli investimenti obbligazionari in generale nel nostro orizzonte ciclico a fronte di valutazioni e rendimenti appetibili nonché del potenziale di resilienza in molteplici scenari economici. Tale resilienza è particolarmente importante alla luce dell’aumento dei rischi geopolitici e della volatilità di mercato negli ultimi due anni. Poiché le obbligazioni di alta qualità offrono rendimenti allettanti gli investitori non hanno bisogno di scendere a livelli inferiori di qualità del credito.

I rendimenti di partenza, che storicamente sono altamente correlati a quelli futuri, sono tuttora prossimi ai livelli più alti da 15 anni e offrono sia reddito interessante che potenziale cuscinetto in caso di ribassi. I rendimenti reali restano anch’essi elevati a fronte del continuo calo dell’inflazione (cfr. Figura 4). Continuiamo a ritenere le obbligazioni del Tesoro indicizzate all’inflazione (TIPS) una fonte di protezione dall’inflazione di prezzo ragionevole nell’eventualità che si materializzino i rischi di rialzo dell’inflazione.

Figura 3 - Tassi nominali e reali a 10 anni nei mercati sviluppati

La Figura 3 è costituita da due grafici lineari. Il primo grafico mostra i tassi nominali a 10 anni in 5 paesi dei mercati sviluppati (Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Canada e Australia) dal 1990 a dicembre 2023. In questo arco temporale i rendimenti nominali hanno lievemente oscillato ma lungo un trend di discesa da circa il 9%–14% nel 1990 a un minimo intorno allo zero nel 2020, con la pandemia. Da allora sono saliti in un intervallo da circa il 2% ad appena sotto il 4%. Il secondo grafico mostra i tassi reali a 10 anni per gli stessi paesi nel medesimo arco temporale. In generale i tassi reali sono gradualmente diminuiti per gran parte dello stesso periodo poi sono saliti rapidamente dopo la pandemia, rallentando un po’ la corsa più di recente ma tuttora al di sopra dei minimi e in un range di 0,1%–1,7%. I dati sono di fonte PIMCO e Bloomberg al 29 dicembre 2023.
Fonte: PIMCO e Bloomberg al 29 dicembre 2023. I tassi reali del Regno Unito sono corretti sulla base dell’indice dei prezzi al consumo (CPI). Tutti i tassi sono riferiti ai titoli decennali governativi.

I tassi monetari restano elevati ma ce li si può assicurare solo da un giorno all’altro e potrebbero diminuire rapidamente soprattutto se le banche centrali cominciano a tagliare i tassi ufficiali. Gli investitori rischiano di perdere opportunità restando troppo a lungo sul monetario nell’attesa del momento giusto per rientrare sui mercati.

Poiché le curve dei rendimenti sono insolitamente piatte al momento, per cogliere potenziale valore gli investitori non hanno bisogno di allungare molto la duration, che è una misura della sensibilità di un titolo alle variazioni dei tassi di interesse e tende ad essere più elevata per le obbligazioni a lunga scadenza. Le obbligazioni con scadenza a medio termine possono aiutare gli investitori a conseguire interessanti rendimenti nonché potenziale apprezzamento dei prezzi in caso di rally obbligazionario come avvenuto nella parte finale del 2023 e come spesso accade nei rallentamenti economici.

Rischi più simmetrici

Nelle Prospettive Cicliche di ottobre “Dopo il picco”, abbiamo affermato che i rendimenti dell’obbligazionario globale apparivano interessanti ed anche elevati rispetto ai livelli attesi prevalere nell’orizzonte ciclico e più oltre. Dopo l’aumento dei rendimenti a livello globale nel terzo trimestre, Stati Uniti in testa, avevamo indicato di prevedere di mantenere un sovrappeso nelle posizioni di duration e di incrementarle in caso di ulteriore aumento dei rendimenti.

Giunti a questo punto, non riteniamo l’estensione della duration un fattore tattico stringente. Dopo l’ultimo rally del mercato obbligazionario che ha riportato i rendimenti globali in linea con i range da noi attesi nonché a fronte del mutevole equilibrio tra i rischi d’inflazione e quelli sul fronte della crescita, che attualmente riteniamo essere più simmetrici, prevediamo in generale un posizionamento neutrale sulla duration.

Crediamo che la Fed e altre banche centrali abbiano spazio per tagliare i tassi in modo aggressivo se la crescita rallenta. Vi sono tuttavia anche scenari in cui il recente allentamento di mercato delle condizioni finanziarie abbia già fatto molto del lavoro per le banche centrali. Questo allentamento unitamente al continuo vigore dei consumi e delle imprese potrebbe persino portare al riaccendersi dell’inflazione.

Il rapporto circolare fra la comunicazione delle banche centrali, le condizioni finanziarie e l’effettivo andamento dell’economia probabilmente continuerà. Noi ci serviamo dell’analisi di scenario nell’ambito del nostro processo di gestione del rischio per posizionarci per un ampio ventaglio di esiti macroeconomici e di mercato.

Opportunità nei diversi scenari

Ci aspettiamo il protrarsi delle preoccupazioni sul versante fiscale, sia per gli Stati Uniti che a livello globale. Ravvisiamo potenziale di ulteriori fasi di debolezza sulla porzione a lunga scadenza della curva a fronte di inquietudini rispetto all’offerta elevata, come verificatosi la scorsa estate, per le accresciute emissioni di titoli di debito per finanziare gli ampi disavanzi di bilancio pubblico. Prevediamo pertanto un orientamento all’irripidimento della curva nei nostri portafogli, con posizioni di sovrappeso sulla porzione da 5 a 10 anni della curva a livello globale e sottopeso su quella a 30 anni.

Alle attuali valutazioni, continuiamo a ritenere l’obbligazionario interessante rispetto all’azionario (per maggiori informazioni si rimanda al nostro ultimo Asset Allocation Outlook, “Obbligazionario in prima fila”), con il reddito fisso che può continuare a offrire benefici in termini di correlazione e di diversificazione per i portafogli. I rendimenti obbligazionari inoltre tendono a essere meno dipendenti da un esito economico positivo.

Alle attuali valutazioni, continuiamo a ritenere l’obbligazionario interessante.

Ad esempio, qualora persistano le attuali condizioni economiche, l’obbligazionario ha il potenziale di offrire rendimenti analoghi a quelli azionari sulla base degli attuali livelli di partenza dei rendimenti. Qualora l’economia entri in recessione, l’obbligazionario con tutta probabilità conseguirà migliori risultati dell’azionario. In caso di riviviscenza dell’inflazione e di necessità per le banche centrali di tornare ad aumentare i tassi, sia l’azionario che l’obbligazionario incontrerebbero probabilmente difficoltà ma gli alti livelli di partenza dei rendimenti delle obbligazioni possono offrire un potenziale cuscinetto.

Mantenere liquidità e flessibilità nei portafogli ci consente di rispondere agli eventi a fronte delle evoluzioni dei rischi per la crescita e di quelli sul fronte dell’inflazione. L’approccio attivo di gestione ci dota inoltre di maggiore agilità per cogliere le opportunità relative value che si presentano.

I mercati globali potrebbero sovraperformare

Dopo aver innalzato i tassi in modo relativamente sincrono a livello mondiale, le banche centrali in futuro verosimilmente prenderanno strade più differenziate. Continuiamo a ravvisare potenziale di sovraperformance per la duration globale rispetto a quella americana. Il nostro giudizio si fonda sulla probabilità relativamente più alta di resilienza dell’economia degli Stati Uniti e sui maggiori rischi di ribasso in mercati più sensibili ai tassi, segnatamente Australia, Regno Unito ed Eurozona.

Crediamo che le opportunità sui mercati obbligazionari globali siano più appetibili di quanto siano state nell’ultimo decennio. I gestori con ampie piattaforme globali possono avere acceso a un insieme diversificato di esposizioni obbligazionarie e a una varietà di fonti di potenziale rendimento.

Prevediamo di focalizzarci in generale sui mercati sviluppati più liquidi alla luce dei livelli attrattivi di rendimento. Ci aspettiamo altresì di cogliere valide opportunità nei mercati emergenti, nel debito sia in valuta locale che in valuta estera. Prevediamo un posizionamento di sovrappeso su valute dei mercati emergenti, con diversificazione delle valute di finanziamento per ridurre la correlazione tra le valute degli emergenti a più alto carry e gli attivi rischiosi globali.

Focalizzazione sulla qualità del credito

Nei mercati più orientati al credito, continuiamo a privilegiare gli MBS agency statunitensi come titoli a spread di alta qualità e liquidi in portafoglio. Apprezziamo anche i titoli di alta qualità non-agency, MBS relativi a immobili commerciali e ABS, sulla base delle valutazioni attuali e delle caratteristiche di questi titoli assistiti da collaterale e a rischio remoto di insolvenza.

Nel credito societario, prediligiamo gli indici liquidi, il debito senior nel settore finanziario e posizioni di alta qualità negli spazi investment grade e high yield, esercitando invece maggiore cautela nel credito di qualità inferiore e nei settori più sensibili al ciclo economico come i prestiti bancari a tasso variabile.

A fronte delle opportunità interessanti che riscontriamo attualmente sui mercati pubblici, il quadro è invece più sfumato per il credito sui mercati privati in un contesto di condizioni più stringenti per chi ha esigenza di rifinanziare prestiti. Le banche stanno riducendo le attività in questo ambito in ragione dei vincoli di liquidità, delle restrizioni normative e di difficoltà sul versante della struttura dei costi.

Coi vincoli per gli istituti di credito stanno crescendo le opportunità interessanti nel credito assistito da attivi.

In spazi come il credito privato, l’immobiliare commerciale e i prestiti bancari crediamo vi sia un’importante distinzione tra lo stock di attivi esistenti e il flusso di nuove opportunità di investimento. Lo stock esistente affronta reali difficoltà per i tassi di interesse più elevati e il rallentamento dell’economia, e persiste una notevole distanza rispetto a una valutazione più realistica, a prezzi di mercato, soprattutto in aree con debolezza sul fronte dei fondamentali.

Al contempo, le opportunità di investimento per i capitali flessibili sono divenute più interessanti in quanto i mutuatari hanno bisogno di soluzioni creative a fronte del contesto più restrittivo per l’erogazione del credito. Lo spazio del credito assistito da attivi ne è forse il migliore esempio, dove il ritirarsi delle banche crea gap di liquidità di larga scala in una varietà di forme di credito al consumo e di altro tipo. Questo vale in particolare per gli Stati Uniti dove le banche si adoperano per cedere attivi, liberarsi di futuri obblighi di credito o uscire del tutto da determinati rami di attività.

Nel tempo, questo periodo di faticoso aggiustamento potrebbe portare ulteriori opportunità per le piattaforme di credito ben posizionate per ottenere adeguati premi per investimenti meno liquidi. Stimiamo che potrebbe esserci alcune delle migliori annate per il credito sui mercati privati dalla crisi finanziaria globale. Persino a fronte della robusta attività di credito diretto alle imprese, che si è ripresa da gran parte dell’aumento degli spread avvenuto da metà del 2022, c’è tuttora un notevole bisogno di soluzioni flessibili per problematiche di strutture di capitale complesse, molte delle quali potrebbero offrire rendimenti analoghi a quelli azionari nel breve e medio termine, a nostro giudizio.


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Il Secular e i Cyclical forum di PIMCO sono forum economici nei quali i nostri professionisti degli investimenti di tutto il mondo si riuniscono quattro volte l’anno per dibattere dello stato dell'economia e dei mercati globali e individuare le tendenze che a nostro avviso avranno rilevanti implicazioni d'investimento. Questi forum alimentano il processo di investimento di PIMCO che si è evoluto nel corso degli oltre 50 anni della nostra storia e ha dimostrato il suo valore in pressoché tutti i contesti di mercato.

Durante il Secular Forum, che si tiene una volta all'anno, ci concentriamo sulle prospettive per i prossimi cinque anni, al fine di assicurarci che i nostri portafogli siano posizionati in modo da beneficiare delle tendenze e dei cambiamenti strutturali in atto nell'economia globale. Poiché crediamo che avvalersi di una pluralità di idee produca migliori risultati d’investimento, invitiamo illustri relatori (economisti, politici e storici, alcuni dei quali insigniti del premio Nobel) che offrono validi spunti alle nostre discussioni, fornendo una prospettiva pluridimensionale. Apprezziamo inoltre la partecipazione attiva del Global Advisory Board di PIMCO, composto da esperti di fama mondiale in materia di politica ed economia.

Nell'ambito dei Cyclical Forum, che si svolgono tre volte all'anno, ci focalizziamo invece sulle prospettive a sei-dodici mesi, analizzando le dinamiche del ciclo economico nei principali paesi sviluppati ed emergenti con l'obiettivo di individuare potenziali cambiamenti delle politiche monetarie e fiscali, dei premi al rischio e delle valutazioni relative che determinano il posizionamento dei portafogli.

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