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Prospettive Cicliche

L’incertezza diventa una certezza

In un contesto di incertezza per le prospettive economiche globali e di valutazioni azionarie elevate, l’obbligazionario presenta rendimenti attrattivi e offre importanti benefici di diversificazione.

Principali conclusioni

Il cambiamento ai vertici di governo negli Stati Uniti accresce l’incertezza economica a livello globale per il 2025. Le proposte protezioniste della nuova Amministrazione possono trasformare i rapporti commerciali e modificare le dinamiche economiche a livello internazionale. Non si sa ancora quali saranno le politiche che verranno effettivamente attuate e le relative implicazioni, ed è ampio il range di potenziali esiti. Ecco le nostre previsioni economiche a breve termine:

  • L’incertezza diventa una certezza: I radicali cambiamenti che le politiche americane proposte configurano ampliano lo spettro dei possibili esiti di crescita. Sono aumentati sia il rischio di inflazione negli Stati Uniti che il rischio di recessione in molte altre economie. Nel nostro scenario di base prevediamo aumenti dei dazi nei confronti della Cina e di altri partner commerciali ma a livello gestibile dal punto di vista economico. Tuttavia misure più estreme volte a correggere gli squilibri della bilancia commerciale americana che si protraggono da lungo tempo potrebbero creare tensioni per l’economia globale e i mercati finanziari. Nei mercati sviluppati, ci aspettiamo che l’inflazione prosegua il suo percorso di convergenza verso il target consentendo alle banche centrali di continuare ad abbassare i tassi ufficiali. Tuttavia, aggiustamenti del livello dei prezzi derivanti da aumenti dei dazi potrebbero ritardare ulteriori progressi su questo versante, soprattutto negli Stati Uniti. L’accresciuta incertezza sul fronte delle politiche in un contesto in cui l’economia si conferma in generale robusta negli Stati Uniti lascia presagire un approccio più graduale, dipendente dai dati, da parte della banca centrale americana.

Sebbene il range di esiti possibili si sia ampliato in entrambe le direzioni, vale a dire con potenziale di sviluppi sia più favorevoli che più penalizzanti, gli attivi rischiosi americani riflettono in misura crescente scenari ottimistici. Sostenuti da aspettative di riduzione delle imposte e di allentamento della regolamentazione, i listini azionari americani hanno raggiunto nuove vette mentre gli spread creditizi sono prossimi ai minimi storici. Anche se questo slancio potrebbe proseguire, la storia insegna che c’è spazio limitato per ulteriori sostenuti guadagni dell’azionario alle attuali valutazioni. L’obbligazionario invece offre opportunità interessanti sia sul breve periodo che sull’orizzonte più lungo. Ecco le nostre previsioni per gli investimenti:

  • L’obbligazionario è posizionato meglio: le obbligazioni sono destinate a svolgere un ruolo cruciale nei portafogli nel 2025. Riteniamo che i rendimenti obbligazionari siano appetibili in un momento in cui le valutazioni azionarie e gli spread creditizi non lo sono, il che offre un favorevole punto di partenza per l’obbligazionario di alta qualità. A differenza del monetario, l’obbligazionario è destinato a beneficiare dell’apprezzamento dei prezzi dei titoli con la discesa dei tassi ufficiali, il che ne rafforza il ruolo di componente di diversificazione e di stabilizzazione rispetto all’azionario nei portafogli.
  • Il relative value come guida: l’analisi degli investimenti nei diversi mercati offre una prospettiva più ampia. I deficit elevati degli Stati Uniti e i percorsi divergenti di crescita economica a livello mondiale rafforzano ulteriormente l’attrattiva di opportunità di diversificazione a livello globale. Puntare su fonti strutturali innovative di rendimento può inoltre evitare di fare eccessivo affidamento su scommesse direzionali in merito alla crescita economica o ai tassi d’interesse.

In questo contesto, prevediamo promettenti opportunità per l’obbligazionario americano e di altri mercati sviluppati, soprattutto Regno Unito e Australia, nonché di mercati emergenti selezionati. Privilegiamo inoltre gli MBS agency e investimenti asset-based rispetto ad altri settori del credito sui mercati sia quotati che privati.

Prospettive economiche: L’incertezza diventa una certezza

Nelle Prospettive Cicliche di ottobre 2024 “Assicurarsi il soft landing” avevamo indicato che l’economia americana, come altre, sembrava ben avviata per riuscire nell’impresa non comune di ottenere un atterraggio morbido, vale a dire calo dell’inflazione e rallentamento della crescita ma senza recessione. Avevamo anche indicato che le economie sviluppate sembravano sulla buona strada per riportare l’inflazione al livello obiettivo nel 2025. Tra i rischi avevamo segnalato quelli legati alle elezioni americane e ai persistenti alti livelli di debito pubblico.

Quel quadro previsionale a grandi linee resta tuttora valido. Ci aspettiamo un modesto rallentamento della crescita del PIL reale globale. Una stretta sull’immigrazione e aumenti dei dazi verosimilmente attenueranno la crescita negli Stati Uniti dove l’economia si conferma robusta. Al contempo, l’Europa continua a registrare un andamento economico sottotono.

Per la Cina, le prospettive economiche restano precarie, con rischi di crescita poco brillante e inflazione debole in ragione di un sostegno fiscale ancora tiepido, della riduzione dell’indebitamento nel settore immobiliare che determina una domanda anemica di credito nel settore privato, dei tassi di interesse reali alti e dell’eccesso di capacità nel manifatturiero. Nonostante la prolungata crisi del settore immobiliare, la Cina ha mantenuto l’obiettivo di crescita del 5% per il 2024 grazie all’espansione del manifatturiero soprattutto nei settori dei semiconduttori e delle tecnologie, agli investimenti infrastrutturali e alla crescita delle esportazioni.

Tuttavia questo modello di crescita vacilla sotto il peso dell’escalation delle tensioni commerciali, di consumi interni fiacchi, dei trend di lungo periodo di calo demografico e ridotta crescita della produttività. Il governo centrale verosimilmente abbasserà l’obiettivo di crescita per il 2025 intorno al 4,5% ed è probabile che l’inflazione core resti molto contenuta. Questa previsione già contempla la necessità di un pacchetto di stimolo di circa 1.500 miliardi di yuan (1%-1,5% del PIL) per sostenere i consumi nel Paese del Dragone quest’anno.

Confermiamo la previsione di graduale convergenza dell’inflazione verso l’obiettivo delle banche centrali nei mercati sviluppati, anche se aumenti dei dazi da parte degli Stati Uniti potrebbero rallentare questo percorso. Il mercato del lavoro meno robusto e l’inflazione in calo dovrebbero tuttavia consentire alle autorità monetarie dei mercati sviluppati di continuare ad abbassare i tassi, con riduzioni comprese tra i 50 e i 150 punti base nel 2025, a seconda della regione.

La Bank of Japan (BoJ) resta l’eccezione. Ci aspettiamo che la banca centrale nipponica alzi i tassi di 50 punti base in quando le aspettative di inflazione più alta dovrebbero sostenere l’inflazione di fondo nonostante la volatilità della valuta.

Rischi e potenziali esiti

Le elezioni americane hanno ampliato il range di possibili esiti economici. Nel nostro scenario di base prevediamo l’adozione di dazi nei confronti della Cina e di altri partner commerciali ma a livello gestibile dal punto di vista economico, mentre gli interventi sulla tassazione, la spesa pubblica e la politica commerciale dovrebbero comportare un disavanzo netto di bilancio degli Stati Uniti invariato intorno al 6%-7% nel 2025 e 2026, un risultato con implicazioni economiche più limitate.

Tuttavia c’è il rischio che la nuova Amministrazione adotti azioni più aggressive (cfr. Figura 1) per affrontare i persistenti disavanzi della bilancia commerciale e del bilancio federale, con politiche che l’Amministrazione sostiene porteranno a una crescita più sostenibile ed equa negli Stati Uniti nel tempo. Conseguire cambiamenti significativi negli squilibri commerciali richiederebbe di modificare i modelli di risparmio e investimento a livello globale, riducendo la quota di consumi del PIL negli Stati Uniti e quella della produzione in altri Paesi (es., Cina).

Figura 1 – L’incertezza sulla politica commerciale è notevolmente aumentata

La Figura 1 è un grafico lineare che illustra l'andamento dell'indice d'incertezza sulla politica commerciale elaborato dalla Federal Reserve americana, nel periodo compreso tra dicembre 1995 e novembre 2024. L'indice è descritto nella nota in calce al grafico. Nel periodo in esame, l'indice ha oscillato tra 25 e 50 per due decenni fino a gennaio 2017, quando con l'inizio del primo mandato del Presidente Trump è salito a 165. Successivamente, sino all'inizio del 2021, ha registrato ampie oscillazioni in un range compreso tra 45 e 265. Dal 2021 al 2023, durante la Presidenza Biden, si è stabilizzato intorno a 50. Nel 2024 ha ricominciato a salire, raggiungendo quota 365 a novembre 2024 quando Donald Trump è stato eletto Presidente degli Stati Uniti per la seconda volta.

Fonte: Federal Reserve americana al 30 novembre 2024. L’indice di incertezza sulla politica commerciale (indice TPU) è stato costruito dai funzionari della divisione di finanza internazionale del Board della Federal Reserve e misura l’attenzione dei media a notizie relative all’incertezza della politica commerciale. L’indice riflette i risultati automatici di ricerche che attingono agli archivi elettronici di sette primari quotidiani: Boston Globe, Chicago Tribune, Guardian, Los Angeles Times, New York Times, Wall Street Journal e Washington Post (accessibili tramite ProQuest Historical Newspapers e ProQuest Newsstream). L’indice è in scala, vale a dire che 100 indica l’1% degli articoli di stampa con riferimenti all’incertezza sulla politica commerciale. Per ulteriori informazioni sull’indice TPU si veda “The economic effects of trade policy uncertainty,” di Dario Caldara, Matteo Iacoviello, Patrick Molligo, Andrea Prestipino e Andrea Raffo, Journal of Monetary Economics, Elsevier, vol. 109(C), 2020.

Senza riforme volte di ridurre i sussidi impliciti alla produzione e stimolare i consumi in Cina o in altri Paesi con avanzo commerciale, gli Stati Uniti potrebbero cercare di attuare politiche commerciali interventiste (ad esempio, adottando un sistema di dazi universali o imposte sugli investimenti diretti esteri) per imporre questi cambiamenti. Tuttavia, distribuire l’onere che deriva dallo status di riserva globale degli attivi degli Stati Uniti rendendo gli attivi americani più costosi da detenere verosimilmente accrescerebbe il costo del capitale e in assenza di una riduzione più decisa del deficit di bilancio federale aumenterebbe i costi di finanziamento per il governo degli Stati Uniti.

Tali misure aggressive sul breve termine per invertire trend di lungo periodo probabilmente comporterebbero tensioni economiche, volatilità per le valute sul breve periodo e sottoperformance dei mercati azionari americani, anche nell’eventualità che si riuscisse a creare una crescita globale più robusta e più equilibrata sul più lungo termine. La tolleranza del Presidente Trump alla volatilità dei mercati azionari americani è un punto cruciale per le prospettive future.

I radicali cambiamenti che le politiche americane proposte configurano amplificano il potenziale di esiti sia migliori che peggiori per la crescita degli Stati Uniti, visto che ancora non si sa con precisione quale sarà il mix delle politiche, la loro tempistica e portata. Riteniamo tuttavia che in generale aumentino sul breve termine i rischi di inflazione negli Stati Uniti e i rischi per la crescita negli altri Paesi, soprattutto in quelle economie molto orientate al commercio globale e che presentano avanzi persistenti negli scambi con gli Stati Uniti.

Ad esempio, eventuali interventi più incisivi dell’Amministrazione americana in termini di tagli della spesa federale, sul fronte del commercio o nei rimpatri degli immigrati potrebbero rappresentare rischi di ribasso per la crescita sia degli Stati Uniti sia a livello globale nell’orizzonte ciclico. Maggiori tagli alle tasse e deregolamentazione potrebbero invece rafforzare le prospettive di crescita degli Stati Uniti, sostenendo la fiducia di famiglie e imprese nonché la performance degli attivi rischiosi. Iniziative volte a un maggiore equilibrio negli scambi globali, ad accrescere l’efficienza dei mercati e a conseguire un percorso di maggiore sostenibilità per il debito degli Stati Uniti potrebbero contribuire a mantenere i miglioramenti del tenore di vita degli americani. Una revisione avveduta della politica sull’immigrazione che espanda la forza lavoro produttiva, norme snelle che incoraggino gli investimenti e l’apertura dei mercati dell’esportazione per progetti americani potrebbero anch’essi generare benefici per i lavoratori e le imprese americane.

Sul brevissimo periodo, l’accresciuta incertezza sulla politica commerciale potrebbe pesare sulla produzione industriale, sugli investimenti e sugli scambi a livello globale indipendentemente dagli esiti effettivi delle politiche. Queste politiche isolazioniste, a sostegno della crescita americana delineano un quadro misto in termini di rischi e opportunità per la crescita degli Stati Uniti ma in generale tendono a essere inflazionistiche, soprattutto considerando che si stima che l’economia americana stia operando al suo pieno potenziale o a livelli prossimi ad esso. 

La Federal Reserve (Fed) ha ben presente questo quadro di rischi in evoluzione. A dicembre la banca centrale ha ridotto i tassi ufficiali di ulteriori 25 punti base ma le proiezioni riviste dei suoi funzionari hanno indicato minori tagli attesi nel 2025 a fronte della maggiore incertezza sui progressi sul versante dell’inflazione. Il Presidente Jerome Powell ha dichiarato che alcuni funzionari hanno tenuto conto delle possibili politiche dell’Amministrazione Trump nelle loro previsioni.

Le banche centrali non dovrebbero dare troppa importanza ad aggiustamenti una tantum del livello dei prezzi, come quelli che potrebbero derivare dai dazi. Tuttavia, se i dazi saranno accompagnati da altre politiche di sostegno alla crescita americana, potrebbero comportare pressioni inflazionistiche più persistenti. In vari scenari, i funzionari della Fed potrebbero preoccuparsi degli effetti a catena di aspettative di aumento dell'inflazione e di elevata crescita dei salari. Di conseguenza potrebbero reagire con minori tagli di quelli precedentemente previsti, quantomeno inizialmente.

Pertanto, dopo la riduzione di 100 punti base dei tassi ufficiali americani nel 2024, la tempistica di ulteriori tagli da parte della Fed è più incerta, con probabile approccio più graduale, sulla base dei dati, nel 2025. Il mercato dei futures ha riflesso questa incertezza negli ultimi mesi (cfr. Figura 2). Mentre la Fed abbassava i tassi di 100 punti base, i mercati scontavano il venire meno delle aspettative di ulteriori 100 punti base di riduzione nell’anno venturo.

Figura 2 – Il mercato dei futures riflette una maggiore incertezza sulla politica della Fed

La Figura 2 è un grafico lineare che riporta due serie di dati: il punto medio dell'intervallo dei tassi sui fed funds (il tasso di riferimento della Federal Reserve) e il tasso stimato sul mercato dei futures (il tasso sui fed funds che il mercato si aspetta per lo stesso periodo dell'anno successivo), da luglio 2024 a inizio gennaio 2025. All'inizio del periodo in esame il tasso sui fed funds era intorno a 5,4% ed è poi sceso a circa 4,9% con il primo taglio dei tassi da 50 punti base da parte della banca centrale. La Fed ha successivamente operato altri due tagli di minore entità che hanno portato i tassi intorno al 4,4% alla fine del periodo in esame. Il tasso stimato dai futures invece è sceso da un massimo del 4,1% a luglio 2024 (tasso sui fed funds stimato per luglio 2025) a un minimo del 2,8% a settembre, poco prima del primo taglio dei tassi della Fed. Da allora è risalito appena al di sotto del 4% all'inizio di gennaio. Il testo che precede il grafico fornisce ulteriori informazioni.

Fonte: Bloomberg, al 7 gennaio 2025.

Le prospettive a lungo termine del debito degli Stati Uniti probabilmente continueranno a rappresentare un aspetto di significativa preoccupazione. C’è tuttavia la possibilità di un qualche miglioramento incrementale del deficit in caso di revoca di determinati provvedimenti dell’Amministrazione Biden, come i crediti d’imposta per gli investimenti in energie rinnovabili e altre misure previste dall’Inflation Reduction Act del 2022, nonché di tagli al Medicaid. Anche gli aumenti dei dazi potrebbero contribuire alla riduzione del deficit per le maggiori entrate nelle casse pubbliche.

Sarà difficile tuttavia che si riesca a ottenere un miglioramento significativo del deficit considerando la prevista proroga delle misure del Tax Cuts and Jobs Act, la riforma fiscale approvata nel primo mandato di Trump, nonché ulteriori provvedimenti di riduzione delle imposte come ad esempio l’aumento dei tetti di detrazioni per le imposte statali e locali. Sebbene alcune riduzioni di spesa possano essere ottenute tramite azioni volte a migliorare l’efficienza dell’apparato pubblico e a ridurre gli sprechi, misure su più vasta scala, comprese le riforme della previdenza sociale e del Medicare, richiedono l’adozione di leggi da parte del Congresso che saranno difficili da approvare viste le maggioranze di misura dei Repubblicani, soprattutto alla Camera.      

Implicazioni per gli investimenti: l’obbligazionario è posizionato meglio

I mercati finanziari sembrano avere aspettative molto positive, riflesse nella robusta performance degli ultimi mesi dei mercati azionari degli Stati Uniti e di altri Paesi, in un momento di elevata incertezza geopolitica. Deficit e valutazioni azionarie storicamente elevate negli Stati Uniti, unitamente al potenziale di escalation delle tensioni commerciali, sollevano interrogativi sulla durevolezza dei guadagni azionari. I rischi appaiono orientati al ribasso, con scarso margine di sicurezza. Questo contesto sembra offrire ottimi motivi per adottare posizioni più prudenti.

Crediamo che i rendimenti delle obbligazioni siano sempre più attrattivi a fronte delle valutazioni dell’azionario e degli spread del credito. Nell’obbligazionario i rendimenti di partenza sono altamente correlati ai rendimenti a cinque anni e per l’obbligazionario di alta qualità si attestavano al 5,10% per il Bloomberg US Aggregate Index e al 4,91% per il Global Aggregate Index (con copertura, in dollari) al 10 gennaio 2025. Mentre per l’azionario la possibilità di protratti guadagni richiederebbe valutazioni sostenute ben al di sopra della norma di lungo periodo, per l’obbligazionario è semplicemente sufficiente che si confermino i trend storici per generare rendimenti interessanti in linea con quelli di partenza.

I rendimenti obbligazionari possono inoltre essere ulteriormente rafforzati dagli apprezzamenti di prezzo dei titoli in scenari più avversi sul fronte macroeconomico o di mercato. I trend storici depongono a favore dell’obbligazionario anche come interessante componente di copertura del rischio e di diversificazione nei portafogli (cfr. Figura 3). Analizzando l’andamento storico dei mercati obbligazionari e azionari a partire dal 1973, mediamente in periodi analoghi a quello attuale in cui l’obbligazionario core americano ha offerto rendimenti intorno al 5% o superiori e l’azionario americano presentava rapporti prezzo/utili intorno a 30 o superiori, l’obbligazionario ha offerto rendimenti a cinque anni nel periodo successivo più alti rispetto all’azionario e con minore volatilità (per maggiori informazioni, si veda il nostro commento di dicembre 2024 “Dalla liquidità all’obbligazionario: mossa strategica d’investimento nel post pandemia”).

Figura 3 – Storicamente, l’obbligazionario con rendimenti come quelli attuali ha battuto in performance l’azionario che presentava valutazioni come quelle correnti

La Figura 3 è un grafico lineare che mette a confronto i rendimenti medi storici a 5 anni dell’obbligazionario core (rappresentato dal Bloomberg US Aggregate Index) quando il rendimento di partenza è superiore al 5%, e quelli dell’azionario (rappresentato dall’S&P 500) quando il rapporto prezzo/utili corretto per il ciclo economico (CAPE) è superiore a 30. I dati di mercato analizzati partono dal 1973. In questo arco temporale e con quelle condizioni di partenza, l’obbligazionario core ha conseguito rendimenti medi annualizzati a 5 anni superiori, con picco (inteso come maggiore numero di casi) appena al di sopra del 7%, rispetto all’azionario con picco intorno a −1%.

Fonte: dati Bloomberg, elaborazioni di PIMCO al 31 dicembre 2024. A scopo puramente illustrativo. Il grafico è basato su dati che partono da gennaio 1973. Obbligazionario core rappresentato dall’indice Bloomberg US Aggregate Index. CAPE (rapporto prezzo/utili corretto per il ciclo economico) riferito all’S&P 500. Non vi è alcuna garanzia che le tendenze indicate continuino in futuro. Le affermazioni relative alle tendenze dei mercati finanziari sono basate sulle condizioni di mercato correnti, che sono soggette a variazioni. I rendimenti passati non sono una garanzia né un indicatore attendibile dei risultati futuri.Non è possibile investire direttamente in un indice non gestito.

Tassi e curva

I mercati riflettono nei prezzi livelli d’approdo dei tassi ufficiali per il ciclo di allentamento delle banche centrali a livello globale che appaiono piuttosto alti rispetto al nostro scenario di base. C’è significativo potenziale di ribasso dei tassi ufficiali sul breve periodo nei mercati al di fuori degli Stati Uniti nell’eventualità di una politica commerciale americana più aggressiva che indebolisca la crescita globale e pesi sui prezzi delle materie prime (cfr. Figura 4). Negli Stati Uniti, sebbene l’elevata incertezza sul fronte delle politiche di governo possa comportare una pausa più lunga nel ciclo di allentamento della Fed, i rendimenti delle obbligazioni sulle scadenze intermedie appaiono appetibili nel nostro scenario di base di tasso di interesse neutrale a lungo termine a 0%–1%.

Figura 4 – Il principio guida della politica monetaria indica spazio per ulteriori tagli dei tassi

La Figura 4 raffigura quattro grafici lineari riferiti rispettivamente a Stati Uniti, Regno Unito, Area Euro e Canada. Ciascun grafico riporta l'andamento del tasso di riferimento della banca centrale della rispettiva regione e la stima mediana della regola di Taylor di politica monetaria da gennaio 2018 a dicembre 2024. In tutte e quattro le regioni, la linea che rappresenta la regola di Taylor è salita al di sopra del rispettivo tasso di riferimento ben prima che ciascuna banca centrale iniziasse ad aumentare i tassi nel 2021 e nel 2022 e ha raggiunto un livello superiore rispetto al tasso massimo di ciascuna regione, per poi scendere a partire dal 2022 e dal 2023, anche in questi casi prima che ciascuna banca centrale iniziasse a tagliare i tassi di riferimento nel 2024. Ulteriori informazioni sono contenute nelle note in calce al grafico.

Fonte: Bloomberg, Haver Analytics, FMI, elaborazioni PIMCO al 31 dicembre 2024. Definiamo la regola di Taylor come "tasso di politica monetaria= max (tasso reale neutrale + obiettivo d’inflazione + a*(inflazione core – obiettivo d’inflazione) + b* output gap, 0)". Consideriamo sei stime di tasso neutrale: due elaborate con modelli interni PIMCO, aggiungendo a ciascuna +/-0,5%. Consideriamo a=1,25 e 1,5; e b = 0,5 e 1,0. Questo determina in totale 24 stime della regola di Taylor. L’output gap è quello previsto dalle stime annue dell’outook economico mondiale del FMI sino al 2023; per il 2024, abbiamo usato dati trimestrali. Le stime riportate nel grafico sono quelle mediane ottenute in queste varie elaborazioni.

Prevediamo pertanto un sovrappeso di duration (misura del rischio del tasso di interesse), a maggior ragione dopo il recente aumento dei rendimenti.

Sul nostro orizzonte secolare, più a lungo termine, ci aspettiamo tuttora graduale irripidimento delle curve dei rendimenti alimentato dall’allentamento monetario delle banche centrali e dalla prosecuzione del recente aumento del premio a termine a fronte delle preoccupazioni per gli alti livelli dei debiti sovrani (per maggiori informazioni si veda il nostro articolo di dicembre 2024 “Il ruolo dei Bond vigilantes nella politica fiscale”). Riteniamo tuttavia ci sia spazio per un certo appiattimento della curva americana nell’orizzonte ciclico per la possibilità di tagli dei tassi ritardati da parte della Fed alla luce di potenziali pressioni inflazionistiche sul breve periodo e marginale miglioramento del deficit.

Bilanciando le previsioni sull’orizzonte secolare e su quello ciclico, sulla curva americana siamo sottopesati sulla scadenza a 30 anni e sovrappesati sulla porzione di scadenze a 5-10 anni. I TIPS, le obbligazioni del Tesoro americano indicizzate all’inflazione, offrono tuttora una copertura di prezzo ragionevole rispetto al rischio di inflazione più alta, a nostro avviso.

Prospettive per il credito

Nel segmento delle obbligazioni societarie, gli spread sono ridotti in termini storici. Ci aspettiamo che il credito societario possa continuare a registrare validi risultati nel nostro scenario di base, tuttavia il range di esiti possibili è più sbilanciato verso spread più alti considerando il quadro di rischio a livello globale. In generale, prediligiamo le obbligazioni di maggiore qualità e la liquidità.

Continuiamo a privilegiare i prodotti strutturati, l’indice dei credit default swap (CDX) per l’investment grade, e in generale il credito investment grade di alta qualità rispetto a investimenti di qualità inferiore. Viste le condizioni di credito in generale restrittive, stiamo spostandoci verso prodotti a spread di alta qualità in ambiti più sofisticati, prescindendo dalle allocazioni di mercato a livello globale. Gli MBS agency americani si confermano un’alternativa di alta qualità, prezzo interessante e più liquida rispetto al credito societario.

All’interno del credito privato, continuiamo a prediligere l’asset-based lending, soprattutto con riguardo ad attivi di più alta qualità legati ai mutui residenziali e al credito ai consumatori nei mercati sviluppati. Continuiamo a riscontrare valore anche in altri ambiti asset-based, soprattutto in settori che godono di fattori favorevoli di lungo periodo come quello degli aerei e delle infrastrutture per dati. Restiamo cauti sullo stock esistente di debito di minore qualità a tasso variabile, specialmente nel segmento societario.

Abbiamo inoltre osservato una tendenza verso l’uso di tecniche spinte di ingegneria finanziaria in alcune aree del credito societario. Questo sta dando origine ad opportunità, individuate tramite analisi creditizie indipendenti, in ambiti con potenziale divario tra i fondamentali percepiti del credito e i rating.

View globali

Riteniamo la duration americana interessante, al contempo però i rischi al rialzo e al ribasso sono più bilanciati in ragione delle potenziali misure di politica fiscale e commerciale e sul fronte della regolamentazione. Nel resto del mondo, i rischi sono più orientati al ribasso. Questo contesto depone a favore della diversificazione globale nell’obbligazionario, soprattutto rispetto alla duration di alta qualità. Prediligiamo esposizioni a Regno Unito e Australia sulla base delle valutazioni e dei rischi economici rispetto agli Stati Uniti. I dazi potrebbero ulteriormente rafforzare i motivi a favore della diversificazione globale, in quanto molti dei maggiori sconvolgimenti è probabile che si verifichino al di fuori degli Stati Uniti.

Nei mercati emergenti, il debito in valuta locale e in valuta estera nonché posizioni in valuta offrono potenziale di rendimento ragionevole e riducono l’affidamento sul credito americano, in quanto questi mercati sembrano scontare un maggior rischio di ribasso rispetto a quanto si riscontra nell’obbligazionario societario e nell’azionario americano. Riteniamo le strategie di carry trade una modalità interessante e relativamente liquida per generare reddito da esposizioni ai mercati emergenti, quando combinate con un’attenta gestione del paniere di valute per evitare un’eccessiva correlazione con il Dollaro americano. Al contempo, vista la probabilità di rafforzamento del biglietto verde in caso di dazi, prediligiamo posizioni lunghe sul Dollaro americano rispetto all’Euro, al Dollaro canadese e allo Yuan cinese, che possono offrire potenziale di ragionevole rendimento nello scenario di base e protezione in caso di esiti più avversi sul fronte commerciale.

Orientamenti strutturali e gestione attiva

Poiché i mercati più accessibili diventano sempre più costosi, gli investitori evoluti possono generare valore attraverso strategie più strutturali. Il concetto di alfa strutturale implica individuare inefficienze strutturali ripetibili sui mercati, ad esempio con riguardo a decisioni prese da soggetti diversi dagli agenti economici come le banche centrali, e creare un portafoglio diversificato che sfrutti queste inefficienze, riducendo la dipendenza da view macro direzionali.

Un esempio di inefficienza strutturale è l’home country bias, in base al quale gli investitori si sentono più a loro agio a investire in attivi del proprio Paese anziché in quelli di altri mercati. Con la loro continua espansione, riteniamo che i mercati dei capitali al di fuori degli Stati Uniti offrano crescenti opportunità d’investimento.

Un altro esempio è l’ascesa degli ETF passivi. I requisiti di informativa giornaliera per gli ETF hanno creato un vantaggio informativo per i gestori attivi che possono seguire le evoluzioni delle negoziazioni in aree meno liquide del mercato. Inoltre, con il loro affermarsi in settori tradizionali come quello del credito societario, gli ETF consentono operazioni di maggiore entità. Negli ultimi anni, gli indici sintetici di strumenti di credito diversificati sono diventati più liquidi delle obbligazioni sottostanti e spesso hanno messo a segno performance superiori a queste ultime in ragione di fattori tecnici, creando ulteriori opportunità per rafforzare i rendimenti.

Conclusioni

Condizioni economiche globali favorevoli, le doti di preservazione del capitale e il potenziale di apprezzamento dei prezzi dei titoli rendono l’obbligazionario una componente cruciale nei portafogli nel 2025 e una fonte di diversificazione che funge da complemento per le esposizioni ad attivi più rischiosi. La volatilità di breve termine offre opportunità per i gestori obbligazionari attivi e gli attuali rendimenti e i trend storici delle valutazioni sono indicativi di rendimenti più prevedibili per l’obbligazionario a lungo termine e attrattivi rispetto sia al monetario che all’azionario.

I nostri Forum

PIMCO è un leader globale nella gestione obbligazionaria attiva con ampie competenze nei mercati quotati e privati. Il processo d’investimento  di PIMCO è alimentato dai nostri forum economici, il Secular e i Cyclical forum, in cui quatto volte l’anno si riuniscono i nostri professionisti degli investimenti provenienti da tutto il mondo per discutere e dibattere dello stato dell’economia e dei mercati globali e individuare le tendenze che crediamo avranno importanti implicazioni per gli investimenti. In occasione di questi ampi dibattiti applichiamo prassi delle scienze comportamentali per massimizzare lo scambio di idee, mettere in discussione le nostre ipotesi, contrastare i bias cognitivi e generare conoscenze inclusive.

Durante il Secular Forum, che si tiene una volta all'anno, ci concentriamo sulle prospettive per i prossimi cinque anni, al fine di assicurarci che i nostri portafogli siano posizionati in modo da beneficiare delle tendenze e dei cambiamenti strutturali in atto nell'economia globale. Poiché crediamo che avvalersi di una pluralità di idee produca migliori risultati d’investimento, invitiamo illustri relatori (economisti, politici e storici, alcuni dei quali insigniti del premio Nobel) che offrono validi spunti alle nostre discussioni, fornendo una prospettiva pluridimensionale. Apprezziamo inoltre la partecipazione attiva del Global Advisory Board di PIMCO, composto da esperti di fama mondiale in materia politica ed economica.

Nell'ambito dei Cyclical Forum, che si svolgono tre volte all'anno, ci focalizziamo invece sulle prospettive per i prossimi sei-dodici mesi, analizzando le dinamiche del ciclo economico nei principali paesi sviluppati ed emergenti con l'obiettivo di individuare potenziali cambiamenti delle politiche monetarie e fiscali, dei premi al rischio e delle valutazioni relative che determinano il posizionamento dei portafogli.

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