Assicurarsi il soft landing
Principali conclusioni
Superati gli shock inferti dalla pandemia, oggi le economie appaiono più “normali” di quanto siano mai state dal 2019. I tassi ufficiali restano tuttavia elevati. Mentre le banche centrali abbassano i tassi verso livelli più neutrali, restano gli interrogativi sulla velocità con cui ciò avverrà e quali saranno i livelli neutrali. Ecco in sintesi le nostre previsioni economiche a breve termine:
- I fattori che hanno sostenuto il maggior vigore dell’economia americana stanno attenuandosi, il che suggerisce in qualche misura un riallineamento con il resto del mondo oltre a ulteriori progressi nella riduzione dell’inflazione.
- Le economie sviluppate sembrano sulla buona strada per riportare l’inflazione al livello obiettivo nel 2025 con il normalizzarsi della domanda di consumi e l’accresciuta competizione per un’offerta più contenuta di posti di lavoro. Negli Stati Uniti, il mercato del lavoro appare meno robusto che nel 2019 ed è cresciuto il rischio di aumento della disoccupazione. La Fed, al pari di altre banche centrali dei mercati sviluppati, è prevista allineare la politica monetaria a questa nuova realtà ciclica.
- L’economia americana, come altre, sembra ben avviata per riuscire nell’impresa non comune di ottenere un atterraggio morbido, vale a dire calo dell’inflazione e rallentamento della crescita ma senza recessione. Sussistono però dei rischi, come quelli legati alle imminenti elezioni americane e alle relative implicazioni sui versanti dei dazi, della politica commerciale e fiscale, dell’inflazione e della crescita economica. È probabile che persistano alti deficit di bilancio pubblico, che limitano il potenziale di ulteriori stimoli fiscali e accrescono i rischi economici.
In un contesto di rallentamento delle economie sviluppate e di potenziali rischi di conflitti commerciali oltre a quelli sul versante geopolitico, gli investitori dovrebbero prediligere cautela e flessibilità nel posizionamento dei portafogli. Ecco in sintesi le nostre view d’investimento a breve termine:
- Ci aspettiamo l’irripidimento delle curve dei rendimenti con la riduzione dei tassi a breve da parte delle banche centrali, e un contesto favorevole per gli investimenti obbligazionari. Storicamente l’obbligazionario di alta qualità ha avuto la tendenza a registrare valida performance in scenari di atterraggio morbido e risultati ancora migliori in situazioni di recessione. Inoltre, ultimamente le obbligazioni sono tornate a manifestare la loro tradizionale relazione inversa con l’azionario, offrendo pregevoli benefici di diversificazione.
- I rendimenti obbligazionari sono attrattivi sia in termini nominali che al netto dell’inflazione e la porzione della curva relativa alle scadenze a cinque anni è particolarmente interessante. I tassi monetari sono destinati a calare assieme ai tassi ufficiali mentre gli alti disavanzi pubblici potrebbero spingere più in alto i rendimenti sulle scadenze a lungo termine nel tempo.
- Manteniamo un orientamento prudente nel credito societario a fronte dell’adagiamento che riscontriamo e in ragione delle valutazioni più alte, prediligendo prodotti strutturati e credito di maggiore qualità. Gli ambiti di qualità inferiore, a tasso variabile, sui mercati privati appaiono più vulnerabili ai rallentamenti economici e alle variazioni dei tassi d’interesse di quanto suggeriscano i prezzi, con rendimenti destinati a calare proprio quando i rischi di credito aumentano, il che può essere di beneficio per i mutuatari ma penalizzante per gli investitori. Gli MBS agency americani rappresentano un’alternativa interessante e liquida al credito societario.1 Inoltre, gli strumenti basati su attivi, sia legati al credito ai consumatori che in altri ambiti, offrono opportunità appetibili per gli investitori sui mercati privati, in particolare rispetto al credito societario.
- Sul versante valutario, deteniamo un lieve sottopeso sul Dollaro americano con il taglio dei tassi della Fed, diversificando su valute dei mercati sia sviluppati che emergenti.
Prospettive economiche: convergenza e reinquadramento dei rischi
Nel 2023 e anche quest’anno, l’economia americana si è distinta per tassi di crescita del 2,5%–3% a fronte di valori stagnanti tra lo 0% e l’1% registrati in gran parte degli altri mercati sviluppati. Questi ultimi sono stati distanziati dagli Stati Uniti anche in termini di produttività dopo la pandemia. Nelle nostre Prospettive Cicliche “Divergenza nei mercati, diversificazione nei portafogli” di aprile 2024 ne avevamo rintracciato i motivi principalmente nei seguenti due fattori:
- Politica fiscale: dal 2021 gli Stati Uniti hanno attuato uno stimolo fiscale più ingente che ha determinato un maggiore accumulo di ricchezza privata ridottosi su un arco di tempo più lungo.
- Politica monetaria: gli aumenti dei tassi di interesse si sono trasmessi più lentamente alle famiglie americane, soprattutto in ragione dello stock di mutui a lungo termine contratti in epoca di tassi bassi.
Inoltre, il ruolo rilevante dei mercati privati del credito negli Stati Uniti ha probabilmente concorso a mantenere le condizioni finanziarie a livelli più accomodanti. L’afflusso di capitali degli investitori nel credito societario di qualità inferiore ha intensificato la concorrenza sulle operazioni, fornendo al contempo finanziamenti a società più fragili che avrebbero potuto incontrare difficoltà ad accedervi in altri mercati.
In aggiunta, l’indebolimento economico della Cina non ha inciso molto sugli Stati Uniti mentre i Paesi europei, e in particolare la Germania, hanno risentito del deterioramento degli scambi con il Dragone e della maggiore concorrenza delle importazioni dalla Cina. Gli Stati Uniti hanno inoltre beneficiato dell’accumulo di capitale e di guadagni finanziari derivanti dall’intelligenza artificiale (IA) generativa.
I progressi in termini di riduzione dell’inflazione sono stati invece più modesti nel 2024 negli Stati Uniti rispetto a quelli delle altre principali economie sviluppate. L’inflazione core americana per l’indice PCE, l’indicatore prediletto dalla Fed, a fine anno è attesa attestarsi in prossimità dei livelli di fine 2023, in quanto i robusti effetti base verosimilmente spingeranno al rialzo il dato su base annua nei prossimi mesi.
È probabile invece una discesa dell’inflazione core di 1–1,5 punti percentuali in altri mercati sviluppati (cfr. Figura 1). In Europa si sono compiuti ulteriori progressi sul versante dell’inflazione in quanto la domanda fiacca e la compressione dei margini delle imprese hanno compensato l’incremento tuttora elevato del costo unitario del lavoro.
I fattori che hanno sostenuto il maggior vigore degli Stati Uniti stanno affievolendosi, il che ne suggerisce un riavvicinamento all'economia globale. Gli indicatori dei valori di ricchezza degli Stati Uniti in termini reali sono oggi più somiglianti a quelli di altri mercati sviluppati. Anche gli shock di politica monetaria che hanno frenato la crescita in altre economie si stanno attenuando.
La crescita in Europa probabilmente tornerà a ritmi più normali con il calo dei tassi e il miglioramento delle condizioni commerciali dopo i picchi dei costi energetici del 2022. Questo aiuterà a compensare la minore spesa pubblica e il contesto globale di debolezza per il comparto manifatturiero. L’immigrazione, che ha sostenuto la crescita in molti mercati sviluppati, soprattutto negli Stati Uniti, è prevista divenire un fattore frenante in quanto le politiche volte a contenerla attuate a metà 2024 sembrano funzionare.
Nonostante una maggiore convergenza in termini di crescita ciclica, crediamo che l’economia americana conservi alcuni vantaggi peculiari rispetto ad altri mercati. In particolare, i trend di consistenti investimenti nell’IA rappresentano un fattore di potenziale forte spinta alla crescita degli Stati Uniti, specialmente in confronto alla Germania e ad altri paesi UE più esposti rispetto alla concorrenza cinese e più dipendenti dalle importazioni di energia. Le recenti revisioni dei dati economici che indicano che negli Stati Uniti il tasso di risparmio resta nel range pre-pandemia dovrebbero rasserenare chi teme un eccessivo indebitamento dei consumatori nel Paese.
La politica monetaria si sta normalizzando …
La maggiore resilienza della crescita economica e dell’inflazione negli Stati Uniti ha ritardato l’avvio del ciclo di allentamento monetario da parte della Federal Reserve rispetto ad altre banche centrali. Gli indicatori prospettici segnalano tuttavia una probabile maggiore convergenza dell’inflazione verso il target del 2% della banca centrale americana nel 2025. I fattori a sostegno di questa previsione comprendono un incremento del costo unitario del lavoro più vicino al 2%, un rapporto posti vacanti/disoccupazione inferiore ai livelli del 2019 (cfr. Figura 2) e l’aumento del tasso di disoccupazione che potrebbe rischiare di superare l’area di tranquillità della Fed che è intorno al 4,2%.
La domanda più fiacca, il mercato del lavoro più debole e le aspettative d’inflazione ancorate fanno prevedere un’inflazione in prossimità del target nel 2025 anche negli altri mercati sviluppati. Tra questi ultimi si distinguono il Canada, dove è più probabile che l’inflazione si attesti a livelli inferiori al target, e l’Australia, dove gli indicatori del mercato del lavoro segnalano minor progresso su questo fronte.
Le banche centrali, specialmente la Fed, sono pertanto focalizzate sul riportare i tassi di politica monetaria ai livelli stimati neutrali. Ci aspettiamo che gli istituti centrali dei mercati sviluppati taglino i tassi di 175–225 punti base nel 2025.
La Bank of Japan (BoJ), che ha tuttora un tasso ufficiale al di sotto delle stime del livello neutrale, si conferma come l’evidente eccezione. Ci aspettiamo che la BoJ continui ad alzare gradualmente i tassi nonostante la recente volatilità di mercato e la forza dello Yen. Il Giappone è l’unica economia in cui l’inflazione è aumentata e sono salite le aspettative di inflazione, mentre l’inflazione salariale resta salda.
… ma cosa vuol dire ‘normale’?
Con condizioni economiche nei mercati sviluppati che adesso, come mai prima dal 2019, ricordano quelle precedenti la pandemia, si pone all’attenzione la domanda di cosa significhi politica monetaria ‘normale’.
I fattori a sostegno di un tasso neutrale un po’ più alto rispetto allo scorso decennio comprendono: i livelli di debito pubblico più alti, una spesa per la difesa potenzialmente maggiore, bilanci del settore privato in generale più solidi e l’accresciuto fabbisogno d’investimenti associato alle evoluzioni globali di stampo secolare quali il riallineamento delle relazioni commerciali e il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Tuttavia, alla luce dei trend di lungo termine sul versante demografico e delle disparità economiche, nonché dell’incertezza sul ritmo e sull’entità dei cicli di investimento, abbiamo mantenuto la nostra stima del tasso neutrale reale di lungo termine allo 0%–1% - come illustrato nel nostro ultimo Secular Outlook “Il vantaggio del rendimento” - da cui discende un tasso neutrale nominale di politica monetaria nel range del 2%–3%. Nel nostro Secular Outlook di giugno avevamo anche osservato che il valore riflesso nei prezzi di mercato in quel momento implicasse che fosse improbabile una discesa del tasso neutrale di politica monetaria al di sotto del 4%. Da allora, il valore riflesso nei prezzi di mercato si è portato più in linea con le nostre aspettative.
Considerata l’incertezza sul livello del tasso neutrale di politica monetaria, è naturale che le banche centrali intraprendano una serie di tagli dei tassi per saggiare la risposta delle loro rispettive economie. Qualora si osservi una nuova accelerazione della crescita e riemergano rischi di aumento dell’inflazione, gli istituti centrali possono sempre fare una pausa nel ciclo di allentamento o rallentarne il passo. D’altro canto, qualora la crescita economica precipiti o l’occupazione vacilli, hanno la capacità di abbassare i tassi in modo più aggressivo. Crediamo che le banche centrali abbiano spazio per tagliare i tassi in una varietà di scenari.
Rischi e incertezza
Il quadro dei rischi per le prospettive globali è mutato. Sebbene non del tutto dissolti, i rischi d’inflazione sono diminuiti in un contesto di migliore equilibrio fra domanda e offerta sul mercato del lavoro e in altri ambiti. La crescita economica sta rallentando. Benché una recessione nei mercati sviluppati non rappresenti il nostro scenario di base, riteniamo che i rischi di evoluzione in tal senso siano più alti rispetto alla frequenza media storica. Sono tuttavia possibili anche scenari in cui la crescita economica si dimostri più resiliente e l’inflazione possa rialzare la testa.
Negli Stati Uniti, il rischio principale è che il rallentamento dell’attività economica e del mercato del lavoro determinino cicli che si auto-alimentino e sfocino in una contrazione più marcata. Altri mercati sviluppati appaiono più stabili, tuttavia una protratta bassa crescita li rende suscettibili a shock negativi, come incidenti di mercato o escalation di situazioni geopolitiche.
La Cina è alle prese con sfide proprie. Il suo modello di crescita, basato sulle esportazioni e sugli investimenti nel settore manifatturiero, sembra avere incontrato dei limiti. Si trova inoltre a gestire un eccesso di immobili invenduti, una domanda fiacca di consumi e tensioni commerciali in aumento. In risposta, il governo del Dragone ha di recente annunciato misure volte a sostenere i prezzi degli attivi e a mitigare il calo dei prezzi immobiliari.
L’efficacia di queste politiche potrebbe tuttavia dipendere dal ritorno della fiducia e dalla capacità del governo di fornire sostegno diretto e diffuso alle famiglie. È probabile anche una risposta sul versante fiscale che potrebbe contribuire a fornire slancio alla crescita nei prossimi uno o due trimestri.
Ci aspettiamo un rallentamento della crescita cinese al 4%–4,5% nel 2025 dal 5% del 2023 e del 2024, mentre il Paese continua a esportare deflazione a livello globale. La domanda di materie prime, soprattutto nel settore edilizio, potrebbe ricevere un po’ di sostegno dalle politiche annunciate di recente ma è improbabile che salga ai livelli dei cicli passati visti i controlli sull’offerta di nuovi immobili.
I rischi geopolitici continuano a rappresentare una considerevole fonte di incertezza: dai conflitti in Medio Oriente e in Ucraina, alle elezioni in molti Paesi nel nostro orizzonte ciclico, con le loro implicazioni per il sentiment di mercato in generale e per specifici Paesi e settori.
Le imminenti elezioni negli Stati Uniti sono esse stesse fonte di incertezza e con rilevanti implicazioni in termini di politiche:
- I deficit degli Stati Uniti non saranno sconfitti, indipendentemente dal partito che vincerà le elezioni. La riforma delle tasse sarà il tema dominante a Washington l’anno prossimo quando scadranno le singole misure previste dal Tax Cuts and Jobs Act del 2017. Non prevediamo molto stimolo fiscale aggiuntivo, considerando la probabilità di maggioranze di misura o di un Presidente senza maggioranza in almeno uno dei due rami del Congresso, oltre allo scarso spazio di bilancio. Tuttavia, non è prevedibile neppure un consolidamento fiscale. I deficit annui probabilmente resteranno elevati (6%–7% del PIL), al netto di ulteriori cambiamenti delle politiche, in quanto manca la volontà politica di ridurre la spesa obbligatoria e lo stesso vale per le poche compensazioni da attuare per dare copertura finanziaria all’estensione di gran parte dei tagli alle tasse previsti dalla legge del 2017. Questo quadro rafforza la nostra previsione di irripidimento della curva americana.
- L’orientamento sul fronte dei dazi è anch’esso chiaro indipendentemente da chi vincerà. Tuttavia, il potenziale di politiche commerciali dirompenti a livello globale appare maggiore in caso di secondo mandato dell’ex Presidente Donald Trump, mentre la Vice Presidente Kamala Harris sembra più propensa a continuare con l’attuale approccio più mirato in caso di sua vittoria. Sul breve termine, un aumento dei dazi sarebbe probabilmente inflazionistico e di freno per la crescita. I dazi potrebbero rendere più dispendiosi gli investimenti americani in immobilizzazioni materiali, colpire settori delle esportazioni americane rendendole meno concorrenziali e pesare sulla domanda. I dazi sarebbero probabilmente inflazionistici per gli stretti partner commerciali degli Stati Uniti, nella misura in cui i loro governi rispondessero con analoghe barriere commerciali, ma deflazionistici altrove in quanto un rallentamento della crescita globale per l’accresciuta incertezza sugli scambi commerciali potrebbe ripercuotersi sulle materie prime, e le merci con cui prima venivano riforniti gli Stati Uniti potrebbero essere reindirizzate verso altri mercati. Le implicazioni derivanti dai dazi creerebbero un contesto economico difficile per la Fed. Le autorità monetarie dovrebbero fare attenzione ai rischi più alti di inflazione sul breve termine (con il trasferimento ai consumatori dei costi aggiuntivi dei dazi) e di aumento delle aspettative d’inflazione, nonostante i rischi di ribasso per la crescita con il calo dei redditi reali.
Implicazioni per gli investimenti: condizioni favorevoli per l’obbligazionario di alta qualità
Incertezza, dispersione globale e potenziale volatilità determinano un contesto favorevole per l’obbligazionario a gestione attiva, in modo particolare a fronte di tassi di interesse in calo che sono vantaggiosi per questa classe di attivo. Storicamente l’obbligazionario ha avuto la tendenza a registrare valida performance in contesti di atterraggio morbido e risultati ancora migliori in situazioni di atterraggio più duro. Inoltre, ultimamente le obbligazioni sono tornate a manifestare la loro tradizionale relazione inversa con l’azionario, offrendo benefici di diversificazione e di copertura per i portafogli. In aggiunta le valutazioni obbligazionarie appaiono convenienti rispetto ad altri attivi, ad esempio all’azionario, a nostro giudizio.
Ci aspettiamo che le curve dei rendimenti continuino a irripidirsi, come accaduto in passati cicli di allentamento monetario, con la prosecuzione dei tagli dei tassi da parte della Fed e delle altre banche centrali. Benché la recessione non rappresenti il nostro scenario di base, i rischi economici restano una fonte di incertezza con il rallentare della crescita americana. A questo si sommano le incertezze legate alle imminenti elezioni negli Stati Uniti, in particolare con riguardo alle prospettive per il commercio mondiale. Un tale contesto esige un approccio attento nel dimensionare le posizioni e per mantenere flessibilità nei portafogli.
Tassi e curva
Riteniamo i rendimenti dei Treasury americani in generale equi ai livelli attuali. La porzione della curva con scadenza a cinque anni appare particolarmente interessante sia negli Stati Uniti che in altri mercati sviluppati. Con la riduzione dei tassi di riferimento da parte delle banche centrali si determina rischio di reinvestimento per il monetario e altri strumenti a breve termine. Noi preferiamo assicurarci gli interessanti rendimenti offerti dalle obbligazioni sulle scadenze intermedie che possono beneficiare di guadagni di prezzo e storicamente hanno avuto la tendenza a registrare buoni risultati nei cicli di allentamento monetario. Nel frattempo, ci manteniamo prudenti sulle obbligazioni a lunga scadenza considerando che gli alti deficit pubblici potrebbero spingere più in alto i rendimenti a lungo termine nel tempo.
Il ritmo di allentamento della Fed riflesso nel tratto a breve della curva appare ragionevole viste le attuali condizioni economiche e l’avvio del ciclo con un taglio da mezzo punto a settembre da parte della banca centrale americana. Appaiono ragionevoli anche le previsioni sul tasso di approdo finale alla luce delle nostre stime di base sul valore del tasso neutrale a lungo termine (0%–1%), di cui abbiamo già trattato, pur restando attenti ai potenziali rischi di coda sul versante dell’inflazione. Qualora sopraggiunga una recessione, c’è spazio di significativa discesa per i tassi terminali.
Obbligazionario e azionario sono tornati a manifestare la loro tradizionale relazione inversa, vale a dire di correlazione negativa tra la duration (misura del rischio di tasso d’interesse) e l’azionario, pertanto l’obbligazionario può svolgere una migliore funzione di copertura dei portafogli in scenari di ribasso del mercato azionario. Questa è una caratteristica di particolare importanza in un momento storico di rischi geopolitici crescenti. Aggiungere un’allocazione in obbligazioni indicizzate all’inflazione è interessante in quanto questi titoli offrono copertura dall’inflazione a prezzi convenienti e rendimenti attrattivi in termini reali (al netto dell’inflazione) e nominali.
Prospettive per il credito
Manteniamo un orientamento prudente nel credito societario in ragione delle valutazioni più alte e dei rischi di recessione leggermente elevati. Prediligiamo prodotti strutturati e credito di maggiore qualità rispetto agli ambiti di qualità inferiore in questa fase del ciclo, ponendo enfasi su liquidità, flessibilità e su un posizionamento robusto per far fronte a eventuali deterioramenti del quadro macroeconomico.
In generale, preferiamo credito di alta qualità, investment grade. Per essere preso in considerazione il credito di qualità inferiore deve soddisfare i nostri alti requisiti, soprattutto per i portafogli con parametri di riferimento di elevata qualità. Altrove sui mercati del credito ci teniamo lontano dal credito a leva con clausole di tutela in deterioramento che potrebbero comportare minori recuperi nell’eventualità di shock idiosincratici o sistemici.
Gli MBS agency presentano valutazioni interessanti e offrono un’alternativa liquida di prezzo ragionevole rispetto al credito societario per quegli investitori capaci di sopportare occasionali momenti di volatilità a breve termine.2
Sui mercati privati del credito crediamo che l’eccesso di crescita e un certo adagiamento probabilmente condurranno a risultati futuri più fiacchi in confronto a quadro attuale dei livelli dei rendimenti. Il notevole accumulo di capitali ha comportato un indebolimento delle tutele per chi fornisce credito e ha compresso la remunerazione per l’illiquidità rispetto a rendimenti analoghi disponibili per i gestori attivi sui mercati pubblici.
Riteniamo che molti mutuatari di qualità inferiore, a tasso variabile, sui mercati privati siano più vulnerabili ai rallentamenti economici e alle variazioni dei tassi d’interesse di quanto suggeriscano i prezzi di mercato. Con la riduzione dei tassi da parte della Fed per prevenire una recessione, le cedole a tasso variabile probabilmente scenderanno in modo significativo. Questo implica calo dei rendimenti proprio quando i rischi economici e di credito sono in aumento, il che può essere di beneficio per i mutuatari ma penalizza gli investitori. Potrebbe essere inoltre la prima volta che questi mercati vengono messi alla prova in scenari di contrazione economica.
A fronte di questo contesto, oggi gli investitori potrebbero ricevere una remunerazione non adeguata al rischio negli spazi di qualità inferiore del credito societario sui mercati privati, soprattutto in confronto alle interessanti opportunità di extra rendimento offerte da forme più liquide di credito o da strumenti basati su attivi di analoga minore liquidità.
Le trasformazioni dei modelli di business per le banche stanno creando interessanti punti di ingresso per i capitali privati in un ventaglio di opportunità basate su attivi in ambiti legati al credito a individui e famiglie (es. mutui residenziali, prestiti studenteschi) e alle imprese (es. finanziamenti di aerei e di beni strumentali). Rispetto al credito societario sui mercati privati, riteniamo che molte opportunità basate su attivi beneficino della combinazione di valutazioni di partenza interessanti e fondamentali favorevoli, specialmente negli ambiti legati a maggiore qualità dei bilanci dei consumatori. Questi mercati inoltre sono meno affollati in quanto la formazione di capitale nel credito privato basato su attivi resta considerevolmente più scarsa rispetto a quella sui mercati americani ed europei del credito societario.
Crediamo si stia avvicinando il punto di svolta per l’immobiliare sui mercati privati ma la ripresa sarà più lenta rispetto a cicli precedenti. Prediligiamo gli investimenti in infrastrutture per dati e in opportunità legate al debito rispetto all’equity alle valutazioni attuali. Poniamo enfasi su attivi e settori legati alle infrastrutture per dati, alla logistica, ai magazzini e determinati attivi multifamily.
View globali
Considerando la dispersione nelle prospettive economiche e nei percorsi di politica monetaria delle banche centrali, prediligiamo posizioni di duration nel Regno Unito e in Australia, dove i tassi terminali dei cicli delle banche centrali (cfr. Figura 3) appaiono tuttora elevati rispetto a quelli di Stati Uniti, Area Euro e di altre economie a livello globale.
La stima di mercato del tasso terminale dell’Eurozona pare ragionevole ma c’è incertezza sui tempi e sulla velocità di attuazione del ciclo di allentamento monetario da parte della Banca centrale europea. In generale, abbiamo un posizionamento neutro di duration ma privilegiamo posizioni orientante all’irripidimento della curva considerando la piattezza tra le scadenze a 10 e a 30 anni.
Sul versante valutario, prediligiamo un sottopeso sul Dollaro americano per il rischio di indebolimento del biglietto verde con la riduzione dei tassi da parte della Fed, diversificando su valute dei mercati sia sviluppati che emergenti. Occorre tuttavia dimensionare le posizioni in modo attento, viste le incertezze associate alle elezioni americane.
Un Dollaro stabile o più debole in un contesto di allentamento monetario nei mercati sviluppati dovrebbe consentire alle banche centrali dei mercati emergenti di abbassare anch’esse i loro tassi di riferimento. Quando la Fed stava mantenendo i tassi fermi, molte di loro hanno dovuto tenere i tassi più alti del livello che sarebbe stato normalmente necessario a fronte del quadro favorevole per l’inflazione nei loro Paesi.
Prediligiamo investimenti in mercati con curve dei rendimenti ripide e quadro politico stabile o in miglioramento come Sudafrica e Perù. Anche la Turchia resta un mercato d’interesse vista la svolta in corso verso una maggiore ortodossia economica. Il contesto globale favorevole che ci aspettiamo dovrebbe continuare a essere di supporto per gli spread del debito dei mercati emergenti in valuta estera.
Determinate materie prime possono concorrere alla diversificazione di portafoglio e offrire proprietà di copertura dai rischi d’inflazione. Il panorama globale in evoluzione continua a essere di sostegno per l’oro e i metalli preziosi. Le banche centrali dei mercati emergenti stanno acquistano oro a ritmi senza precedenti da quando la Russia ha invaso l’Ucraina. Intanto, l’intenzione dell’OPEC+ di tornare a incrementare l’offerta e preoccupazioni riguardo alla domanda nei trasporti a livello globale hanno limitato il rialzo dei prezzi del petrolio anche se i recenti eventi in Medio Oriente e in Ucraina evidenziano la fragilità delle filiere di approvvigionamento globali. Il ciclo di investimenti legato alla transizione energetica fornisce anch’esso sostegno ai prezzi dei metalli di base, anche se i persistenti rischi di ribasso per la crescita cinese rappresentano un fattore di criticità.
I nostri Forum
PIMCO è un leader globale nella gestione obbligazionaria attiva con profonde competenze ed esperienza sui mercati pubblici e privati. Il processo di investimento di PIMCO è alimentato dai nostri forum economici, il Secular e i Cyclical forum, in cui quatto volte l’anno si riuniscono i nostri professionisti degli investimenti provenienti da tutto il mondo per discutere e dibattere dello stato dell’economia e dei mercati globali e individuare le tendenze che crediamo avranno importanti implicazioni per gli investimenti. In occasione di questi ampi dibattiti applichiamo prassi delle scienze comportamentali per massimizzare lo scambio di idee, mettere in discussione le nostre ipotesi, contrastare i bias cognitivi e generare conoscenze inclusive.
Durante il Secular Forum, che si tiene una volta all'anno, ci concentriamo sulle prospettive per i prossimi cinque anni, al fine di assicurarci che i nostri portafogli siano posizionati in modo da beneficiare delle tendenze e dei cambiamenti strutturali in atto nell'economia globale. Poiché crediamo che avvalersi di una pluralità di idee produca migliori risultati d’investimento, invitiamo illustri relatori (economisti, politici e storici, alcuni dei quali insigniti del premio Nobel) che offrono validi spunti alle nostre discussioni, fornendo una prospettiva pluridimensionale. Apprezziamo inoltre la partecipazione attiva del Global Advisory Board di PIMCO, composto da esperti di fama mondiale in materia di politica ed economia.
Nell'ambito dei Cyclical Forum, che si svolgono tre volte all'anno, ci focalizziamo invece sulle prospettive a sei-dodici mesi, analizzando le dinamiche del ciclo economico nei principali paesi sviluppati ed emergenti con l'obiettivo di individuare potenziali cambiamenti delle politiche monetarie e fiscali, dei premi al rischio e delle valutazioni relative che determinano il posizionamento dei portafogli.
1 Liquidità è riferita alle normali condizioni di mercato.↩
2 Ibid. ↩
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